mercoledì 21 dicembre 2016

L'imprenditore tessile non bada solo al profitto, ma anche alla solidarietà di classe

Attorno al 2001 o giù di lì Bellestoffe Group controllava e possedeva, tra le altre cose sparpagliate per mezza Campo, una serie di piccole imprese che svolgevano varie attività di lavorazione, ivi compresa una tessitura a telai circolari.
Con l'apertura della nuova e pvestigiosa sede che accorpò buona parte delle attività -ed il cui mantenimento grava a tutt'oggi per la sua parte sui prezzi finali dei prodotti, a quanto è dato sapere- Padre Fondatore Numero Uno decise che era ora di liberarsi di un po' di macchinari e di un po' di gente che aveva il torto di lavorare per lui senza rendergli abbastanza. Padre Fondatore Numero Uno identificò il proprio pollo nel signor Elvis, uno degli operai di cui sopra.
Elvis, cittadino georgiano, era arrivato clandestino e si era regolarizzato lavorando come due negri.
Caduto nella rete come un capponcello (così pensava Padre Fondatore Numero Uno) e promosso imprenditore sul campo, l'ex operaio di tessitura Elvis ha continuato a lavorare sedici ore al giorno esattamente come prima e a condurre quel tipo di vita astiosamente spartano e sparagnino che fa detestare gli arricchiti ancor di più degli arrivati. Padre Fondatore Numero Uno gli aveva sbolognato i telai e tutto il resto, convinto di essersi liberato di un peso e di aver rifilato ad un gallinaceo un'intera trafila in perdita.
A meno di cinque anni dai fatti, Elvis invece è finito sui giornali di Campo e provincia per la sua laboriosità e per l'autentico capolavoro di integrazione compiuto, vidimato, protocollato ed approvato dalla varia umanità che ciondola a giornate nelle redazioni e nei palazzi della pubblica amministrazione.
Il problema di Elvis diventò proprio questo. Lavora tu che lavoro io, era riuscito ad accaparrarsi risorse più che sufficienti a vivere degnamente lui e la brigata parentale rimasta sulle montagne del Caucaso. Dopo altri anni ancora, grazie ai propri agganci politici, riuscì ad aprire proprio in Georgia un'intera trafila produttiva dalla tessitura alla rifinizione. Lo fece utilizzando macchinari comprati dai campesellli falliti, per i quali la che la cosa essenziale era ed è sporcarsi poco o per niente, e andare a pvendeve l'apevitivo in qualche locale sulla costa dai costi ridicolmente astronomici, con il Rolex ad un polso e all'altro qualcuno di quei braccialettini che conferiscono anche all'eterosessuale meno vacillante quel cenno di ambiguità che va tanto di moda.
I campeselli non l'hanno certo perdonato.
Sparito dai giornali e oggetto di apertissimo disprezzo da parte della casta imprenditoriale campese, Elvis non ha fatto una piega.
Anzi.
Del magazzino della Premiata Ditta si è già lungamente trattato; accanto alle merci in ingresso ed in uscita, a vario ciarpame polveroso, a pezze-campione che mai nessuno aveva degnato di uno sguardo, ai tessuti greggi e a materiali urgentissimi fatti arrivare anni fa per via aerea franco fabbrica dall'altra parte del mondo e neppure tolti dagli imballi il magazzino comprendeva anche vecchi mobili, macchinari in disuso ed altre cose del genere.
Venuto a sapere dal de cuius che una macchina per il controllo delle pezze gregge stava a prendervi polvere nell'angolo più remoto, Elvis aveva osato chiedergli di vendergliela: cinquecento euro, ché altri cinquecento doveva spenderli per spostarla e rimetterla in funzione.
La risposta di Nerino Lanucci fu un bel NO.
No, così imparava ad ostinarsi a lavorare, mentre lui aveva da firmare gli assegni alle sue mantenute!
Elvis la prese piuttosto male.
A parte tutta quanta la storia imbastita nella certezza di aver trovato qualcuno cui rifilare quella che pareva proprio una di quelle fregature da annichilire qualcuno per decenni, quello non era certo il primo dispetto che qualcuno di Bellestoffe Group gli faceva così, per puro principio, perché i non campesi quello meritano e non altro.
Ormai da molti anni in grado di camminare con le proprie gambe, Elvis colse l'occasione per ribadire a stretto giro di posta al Padre Fondatore Numero Uno che la sua ElvisTex non avrebbe più lavorato per Bellestoffe Group a costo di crepare, letteralmente.

Dopo qualche mese dalla morte di Nerino l'indirizzo della Premiata Ditta finì per competenza anche a stocchisti, rigattieri ed altra gente che sente odore di carne marcia e che piomba sulla preda prima che si muovano i curatori fallimentari.
Un giorno venne un ferrivecchi e, dietro pagamento, si portò via la macchina.
Cinquecento euro in meno nella colonna dell'avere, cinquecento euro in più in quella del dare.
La distruzione di un'impresa tessile richiede attenzione anche ai dettagli.

sabato 3 dicembre 2016

Rivelazioni. Non apocalittiche, ma imbarazzanti lo stesso.

Abbiamo raccontato di come, dopo che le ideone imprenditoriali dell'amico carissimo Nerino Lanucci lo ebbero ridotto letteralmente in braghe di tela costringendolo ad un mesto ritorno all'ovile, Galeazzo Fabrizi fu riammesso (e reimmesso) nel giro come rappresentante.
Si trattò di una sorta di risarcimento da parte di Nerino, che in qualche remotissimo recesso della coscienza doveva provare quel minimo di rimorso per aver coinvolto il Fabrizi (moglièra e figghi a carico) nelle sue pazzesche imprese.
Da parte sua un segno di benevolenza non da poco e del tutto eccezionale, vista l'abituale noncuranza con cui si rapportava verso qualunque cosa si frapponesse tra lui e lo sperpero.

Di lì a qualche anno il Fabrizi si è visto morire Nerino letteralmente tra le braccia, al termine di una partita di squash come tante. In pratica, tra le infinite persone che avevano avuto a che fare con Nerino e che il giorno dei funerali avevano riempito la chiesa per essere sicure che fosse morto davvero, si trattava dell'unico che nutrisse per lui un sincero affetto e che ne attirasse la confidenza.
Va detto che la notizia della scomparsa di Nerino fece il giro di Campo -e di internet- in capo ad un giorno. Gli unici che espressero cordoglio commentando qua e là sui giornali e su Facebook furono quattro o cinque compagni di giochi... che non lo vedevano da circa quarantacinque anni.
Insomma, tra Nerino Lanucci e Galeazzo Fabrizi esisteva un rapporto stretto, la cosa era nota un po' a tutti e spiccava come una mosca bianca tra le relazioni personali di Nerino, per il resto fatte di insulti, ricatti, fregature e prestazioni a pagamento.
Questo rapporto finì alla base di una scena di bassissimo registro, verificatasi poche settimane dopo la morte di Nerino nel parcheggio che la Premiata Ditta condivide con tutte le consociate di quel Bellestoffe Group da cui era stata separata a furor di notai causa le costosissime estrosità del suo padrone incontrastato. 

Una sera di mezza estate Galeazzo si era messo in macchina e si accingeva ad allontanarsi. La vedova di Nerino era corsa fuori dalla porta del magazzino e gli si era parata davanti, tentando letteralmente di non farlo andar via. "...Galeazzo, ma tui sai chi è... Qui mi prendono tutti in giro... Dài, dimmelo...!" "...No, no, io non dico nulla." "...Ah no?! E allora sai cosa?! Non venire più a portare le rose alla tomba del tuo amico, capito?!" "Ma quali rose, ma quale tomba?! Io i fiori li porto al campo dove giocavamo a squash insieme..."
Galeazzo aveva finalmente fatto manovra e se n'era andato per i fattacci suoi, lasciando basita sotto il sole al tramonto la povera Teresa, alle prese con il carico da undici della fresca vedovanza e della cascata di mortificanti ed abiette rivelazioni che le cadeva addosso un giorno sì e l'altro pure.
Nerino era nella tomba da meno di due mesi, e la situazione andava palesandosi nella sua crudezza anche a Teresa Redentori in Lanucci. Non bastando i dati contabili che erano quelli che erano, con i creditori che si stavano facendo vivi letteralmente di persona e Nella Garzetta dell'amministrazione che aveva smesso da tempo di rispondere al telefono per non arrivare a sera col pieno di insulti, bestemmie, invettive ed esplicite minacce alla sua virtù, la povera Teresa aveva finalmente -e traumaticamente- cominciato a capire che razza di merdaio da assistenza sociale fosse l'impresa del marito. Quando andava al cimitero vi trovava fiori freschi: rose, soprattutto. Chi poteva avercele messe...? Il numero delle easy ladies con cui il de cuius aveva intrattenuto commercio era piuttosto vasto: con certezza si sa di violazioni al sesto comandamento ripetute e continuate che riguardavano (1) Koka Baranidze la campionarista georgiana (2) quel capolavoro di discrezione e professionalità di Gianna Patrizi -che era ed è partecipe dello sfascio, tutto sapendo e tutto avendo avallato- e (3) la rappresentante Solyanka Moskowitz. A questo harem più o meno stabile andavano aggiunte "professioniste" dal turn over troppo frequente per poterle contare; alla fin fine anche Teresa aveva dovuto rendersi conto che non si poteva più far finta che il pozzo nero non fosse traboccato.
Oggetto di scoppiettanti sfottò fatti di mezze parole, risatine e toccatine di gomito tra gli astanti che andavano ad aggiungersi ad una situazione per nulla allegra per proprio conto, la povera donna era ad un passo dal crollo.

mercoledì 16 novembre 2016

L'imprenditore: qualcuno che si è fatto da solo. A volte sembra che si sia fatto da poco.

A tratti, nel corso della sua breve e farsesca esistenza, Nerino Lanucci è stato anche punto da quella bovaristica vaghezza del successo e del far da sé senza l'aiuto di nessuno che sono il vero (e stolto) banco di prova dell'imprenditore tessile campese. Lungi da lui l'idea di fondare un'azienda e di occuparsene in concreto; il suo concetto di impresa era: si prende un magazzino in affitto, si stanziano due palanche rastrellando personale tra amici, parenti e sottopagati assortiti e si vede come va. L'importante era che non mancassero compagnia femminile e serate in locali costosi, il resto non era affare che lo riguardasse.
Un giorno qualunque di una decina d'anni prima della sua illacrimata scomparsa, Nerino Lanucci ebbe una lunga e confidenziale conversazione con l'elegante Galeazzo Fabrizi, di cui era amicone da un secolo e che in quel periodo si presentava in ditta in completi antracite o grigio pirla che non stonavano affatto con la poltrona dirigenziale che si era fatto assegnare a quarant'anni appena compiuti. Qualche giorno dopo Galeazzo annunciò che abbandonava Bellestoffe Group per "affrontare altre sfide professionali", come dicono sempre i licenziati con disonore e gli incoscienti talmente egoriferiti da non riuscire assolutamente a percepire l'odore della mensa dei poveri cui si stanno dirigendo di gran carriera (appunto) grazie alle proprie stesse scelte.
Sul perché del repentino abbandono della nostra felice famigliola da parte di Galeazzo circolarono solo mezze parole e qualche sorriso da gioconda leonardesca, un po' come succede quando qualche fanciulla in fiore sparisce dalla circolazione perché ha deciso di imprimere una svolta radicale alla propria vita, svolta radicale che di solito consiste nel farsi mettere incinta dal primo che passa.
L'esempio è calzante. Dopo aver vagheggiato chissà quale raggelante casetta in Canadà le fanciulle in fiore in capo a dieci mesi al massimo si ritrovano triplicate di peso e dimensioni a mandare avanti casa da sole e ad ingrossare le statistiche sulle ragazze madri; in ancor meno tempo Galeazzo si ritrovò zeroplicato di quattrini e portafoglio, in mezzo di strada e ad ingrossare le statistiche sugli incapienti. Dopo aver fatto anche lui chissà quali castelli in aria.
In meno di un anno si ripresentò, coda tra le gambe, in Bellestoffe Group mendicando uno strapuntino, uno sgabello, un piatto di sbobba purché fosse. La poltrona dirigenziale era finita in chissà quale ripostiglio. Via i completi da imprenditore di successo, cominciò a sfoggiare una serie molto limitata di vecchie tute da ginnastica lise e stinte.
La brillante iniziativa di Nerino gli era costata, letteralmente, anche i vestiti.
Cos'era successo?
Era successo che Nerino aveva deciso di aprire una ditta di confezioni, vale a dire di abiti finiti, in una strada non troppo distante dalla sede di Bellestoffe Group. L'aveva chiamata Genoveffa C., probabilmente in onore di qualche sciacquetta che era riuscito a conquistare con i soliti sistemi.
Una di quelle che ora si sono modernizzate e si fanno chiamare fashion blogger o wedding planner o magari dog sitter se proprio sono alle loro prime depilazioni, tanto per capirci.
Naturalmente la Genoveffa C. si era rivelata fin da subito una voragine mangiasoldi.
Era equipaggiata in tutto e per tutto con un paio di macchine del tipo "taglia-e-cuci" capeggiate da una stilista fuori dal giro da anni e mandate avanti da Immacolata Redentori, la cognata di Nerino anche lei sparita velocemente dalla Bellestoffe Group dietro ad immaginabili sogni di gloria e di camparini tiepidi alla discoteca CiccyPuppy di Vallesecchielli Terme. Il rimanente del personale era rappresentato da Galeazzo, che avrebbe dovuto andare chissà come e chissà dove (e col senno di poi anche chissà perché) in cerca di clienti, e da un'operaia di mezza età a tempo parziale.  
Penetrazione di mercato: zero.
Ordini: zero.
Fatturato: molto meno di zero.
La sciagurata stilista smollò il colpo dopo tre mesi e sparì, seguita sei secondi dopo dall'operaia, che Nerino aveva avuto cura di gonfiare ben bene di invettive e recriminazioni come faceva immancabilmente con chi considerava inferiore per entrate o per classe sociale.
L'alacrità con cui Nerino produceva drop out pieni di motivatissimi risentimenti non mancò certamente di far sentire i propri effetti nel medio termine. Insieme alla disinvoltura con cui tralasciava di onorare gli impegni, il suo particolarissimo modo di rapportarsi con il prossimo fece sì che il personale di Bellestoffe Group dovesse cercare in ogni transazione ed in ogni contesto sociale di non far identificare il gruppo di aziende con la sua persona, pena conseguenze umilianti anche sul piano personale. In più di un caso i tecnici e gli impiegati commerciali erano stati invitati ad abbandonare lavorazioni o stand fieristici una volta appurati i loro legami con il Lanucci, con immaginabili conseguenze e non soltanto in termini di ritorno di immagine.  
Insomma, sparito il personale le taglia e cuci rimasero a prender polvere fino alla scadenza del contratto d'affitto; Nerino aveva trovato qualche altro giocattolo con cui trascorrere le giornate, e si disinteressò completamente della Genoveffa C. e di tutto quello che la riguardava.
Due ore prima della scadenza e temendo le ire di un locatore con cui aveva sicuramente avuto altre occasioni ed altri motivi di attrito -il pagamento di canoni, tariffe e fatture era già all'epoca l'ultimissima delle preoccupazioni di Nerino- il Lanucci telefonò ad un'ora assurda al Melchiorri e gli chiese di occuparsi del trasporto delle macchine. Gaspare saltò praticamente dal letto e andò con un furgoncino ad occuparsi della bisogna. Sul posto trovò Immacolata e Galeazzo: alle prese con due voluminosi gelati, i due non avanzarono nemmeno a livello formale l'offerta di aiutarlo a caricare. Gaspare caricò sudando le taglia e cuci e le riportò bestemmiando abbondantemente nei magazzini di Bellestoffe Tela, dove già all'epoca andavano accumulandosi peccati, scarti, errori di produzione, materiali arrivati da casa del diavolo per via aerea franco fabbrica e mai utilizzati ed altre nefandezze simili.
I veri costi di questo "fare impresa" non li seppe mai nessuno. Galeazzo ripartì con le sue mansioni di impiegato commerciale in Bellestoffe Tela (dopo qualche mese tornò anche in possesso della famosa poltrona), Immacolata sparì verso altri lidi, Nerino riprese ad imbrogliare i soci, a fregare i fornitori e a servirsi generosamente del personale femminile sotto le consuete insegne.
 

giovedì 8 settembre 2016

La fedeltà e la discrezione del personale amministrativo sono essenziali per l'imprenditore di successo

Tra i vari argomenti fin qui affrontati ha spesso trovato posto la trattazione particolareggiata di vari comportamenti il cui assiduo esercizio contribuisce validamente alla distruzione di una ditta tessile; professare un profondo disprezzo per i fornitori, garantire la mancanza di qualsiasi controllo sui costi di produzione, praticare il dileggio di maestranze e collaboratori e gestire il magazzino in una maniera che è eufemistico definire criminale.
Tutto questo, ovviamente, non è sufficiente a garantire il risultato. Un distruttore coscienzioso cercherà dunque di reperire complici in mezzo al personale, pagandone complicità e silenzio e rendendolo compartecipe da ogni punto di vista delle proprie scriteriate scelte. In particolare curerà con solerzia il reparto amministrazione, che più degli altri è per forza di cose a conoscenza di mascalzonate, tresche e furberie di ogni sorta.
Il colpo di fulmine tra Nerino Lanucci e Gianna Patrizi scoccò circa dieci anni prima dei fatti narrati, prima della repentina fine del Lanucci e della successiva scomparsa dell'azienda di cui era stato estroso ed incosciente padrone. All'epoca Nerino già spadroneggiava in Bellestoffe Tela e da tempo era considerato esasperante da molti soci e sinceramente odiato dalle maestranze. I primi avevano già capito di che elemento si trattasse e lo sopportavano perché il mercato tirava senza limiti e quello sembrava capace di vendere i classici frigoriferi agli eschimesi. Le seconde appena potevano davano le dimissioni ed abbandonavano Bellestoffe Tela col suo grottesco omùncolo-immagine e presunto genio commerciale.
Gianna Patrizi invece era un'oscura ma giovane (e sveltissima) impiegata della Datumstoff.
Nerino ebbe la costruttiva idea di portarsela dietro in un viaggio di "lavoro" in Pakistan, che comprendeva una tappa finale alle Seychelles piuttosto curiosa se pensiamo che i principali snodi pakistani sono tranquillamente raggiungibili con rotte ben più brevi e facendo scalo in località molto meno esotiche. Gli ultimi giorni di questo viaggio prolungato per sapiente caso servirono a Nerino per comprare per l'eternità la fedeltà personale di Gianna Patrizi, che da quel momento in poi avrebbe assecondato le sue nequizie e le sue ruberie; date le sue mansioni si sarebbe comportata come una delatrice ideale in ogni circostanza.
Chi ha letto "L'importante nella vita è farsi strada" ha trovato nelle prime righe una sommaria descrizione dell'aspetto fisico e dei comportamenti di Nerino Lanucci ed ha così un'idea di una parte dei compiti che Gianna Patrizi fu lieta di addossarsi, oltre che della loro natura. Insomma, i due finirono subito per abbandonarsi ad aperte fornicazioni sulla spiaggia, in bar e ristoranti in un posto magnifico e lontano da sguardi indiscreti.
O così credevano.
Non avevano messo in conto il fatto che il mondo è piccolo, praticamente un lavandino, e che di questi tempi non si sa mai chi si può incontrare, e dove.
Sfortuna volle che un tale residente in una città non troppo lontana da Campo ed in ottimi rapporti col cognato di Nerino fosse in vacanza proprio da quelle parti. Gaspare Melchiorri apprese divertito della tresca praticamente in diretta, roba che nemmeno le partite di calcio.
Il suo conoscente non omise alcun pornoparticolare.
Nerino e Gianna erano ancora sull'aereo che tutta Campo sapeva della cosa.
Tutta Campo, ovviamente, meno forse la moglie di Nerino, che almeno nel corso dei dieci anni successivi -e si tratta solo delle vicende note a chi scrive- avrebbe avuto a sopportarne anche di peggiori.

Il nuovo ruolo di Gianna Patrizi era senza dubbio ben remunerato, ma anche gravido di responsabilità: consisteva nel tenere d'occhio i consoci e soprattutto nel mascherare ammanchi e ruberie con una faccia tosta imperturbabile. Il rimanente del reparto amministrazione, allora per intero controllato dalla Datumstoff, non le lesinò silenti espressioni di disapprovazione e di biasimo e la marginalizzò abbastanza rapidamente. Le sue assenze pomeridiane del venerdi divennero abituali e solitamente commentate con sorrisetti ed allusioni.
Alcuni anni più tardi la Datumstoff venne chiusa ed il personale assorbito dalle altre ditte del gruppo.
I Padri Fondatori non avevano alcuna intenzione di ritrovarsi nuovamente Gianna Patrizi tra i piedi: ne aveva coperte e combinate troppe ed era l'occasione giusta per congedarla una volta per tutte.
Nerino fu veloce ad offrirle un ruolo nella Bellestoffe Tela; gli altri soci, Padri Fondatori compresi, non poterono far altro che ingoiare il rospo.
Cacciata dalla porta e rientrata dalla finestra, Gianna Patrizi non mancherà di corrispondere, negli anni a venire, la fiducia accordatale.

domenica 7 agosto 2016

Gestire un magazzino tessile: il segreto dell'insuccesso.

La distruzione meditata e metodica di un'impresa non può basarsi soltanto sulla devastazione della rete dei rappresentanti e sulla perdita di qualsiasi fiducia presso gli spedizionieri e presso i fornitori in generale. Devastare il magazzino del prodotto finito è altrettanto sostanziale: una sua pessima gestione faciliterà di molto la rottura dei rapporti con i soci e consentirà al pidocchio salito in gloria che nella vita si è sempre fatto largo a gomitate di rimanere più facilmente solo al comando, finalmente indisturbato a scialacquare con metodo ogni introito.
Alcuni anni fa la Premiata Ditta, allora compartecipata da più soci e denominata Bellestoffe Tela, fu chiamata a traslocare. Era pronto, a qualche chilometro dalla sede originaria, un immenso complesso di due edifici con magazzini sterminati e uffici pieni di marmi e cartongessi (soprattutto cartongessi), ori e princisbecchi (soprattutto princisbecchi).
Tutte queste circostanze hanno un qualche impatto sul turnover del personale. Mentre il sottoscritto imballava e inventariava stampanti, computer ed altri apparati di sua competenza, ebbe dunque ad assistere alla seguente scena.
Un signore entrato da poco nella nostra felice famigliola con il titolo di magazziniere andò tranquillo da Pino Pierini e con fare familiare gli affibbiò una forte pacca sulla schiena: "Sai cosa ti dico? Tu restaci pure, a lavorare qua dentro...!"
Dimissioni, sparizione.
Un breve giro di domande fece emergere una realtà smozzicata ma concreta: "...Eh, che vuoi, lavorare qui in magazzino, se uno non sa come deve comportarsi e pensa di dover fare un lavoro accurato..."
Svariati anni dopo, con la per nulla lagrimata scomparsa del padrone, emerse l'arcano.
O meglio, parte dell'arcano.
Il signor Lanucci aveva cura di scegliere il personale in modo oculato: nessuna obiezione, poche competenze, retribuzione commisurata alle competenze.
Un magazzino tessile, sia detto per chi non ne ha mai visto uno, è costituito da una serie di incastellature e scaffalature; vi predominano le cosiddette "gabbie", recipienti in ferro e truciolato che è facile spostare con i carrelli elevatori. Sparsi sugli scaffali e nelle gabbie ci sono gli articoli commerciati. In questo caso, pezze di tessuto di larghezza variabile tra il metro e quaranta e il metro e ottanta per una lunghezza tra i venti e gli ottanta, ciascuna avvolta su un'anima cilindrica di cartone. Esistono delle macchine imballatrici in grado di avvolgere nella plastica trasparente ogni pezza e di termosaldarne i lembi e le aperture, cosicché una pezza pronta per la spedizione ricorda una grossa caramella.
In ciascuna gabbia possono trovare posto svariate decine di pezze, per un totale di qualche migliaio di metri di prodotto finito.
Una gestione responsabile di un magazzino di prodotto finito, la cui stessa esistenza è la bestia nera di ogni imprenditore tessile perché denuncia la presenza di un invenduto le cui sorti sono potenzialmente incerte, prevede l'enumerazione dei materiali in entrata e dei materiali in uscita e l'inserimento dei dati nel sistema informatico gestionale. In pratica, se entrano in magazzino cinque pezze dell'articolo Steekutsie color verde pistacchio, una consultazione deve restituire cinque pezze con la debita matricola e la debita lunghezza. Quando una certa quantità di articolo Steekutsie verde pistacchio viene venduta, dal magazzino deve uscire la stessa quantità.
Ecco, nella Premiata Ditta questo non sempre succedeva, e non certo per trascuratezza od imperizia.
In magazzino entravano ed uscivano indeterminate quantità di materiali che sfuggivano ad ogni enumerazione e ad ogni controllo, oppure figuravano soltanto in ingresso andando a gonfiare il database di merce inesistente.
Come mai?
Presto detto. Non è che Nerino Lanucci avesse una concezione un po' particolare della collaborazione e della lealtà nei confronti dei soci in affari; semplicemente, non ne aveva alcuna.
I suoi rapporti privilegiati con Solyanka Moskowitz consentivano a Nerino di recepire in via informale da lei un ordine per -diciamo- cento pezze del suddetto Steekutsie verde pistacchio. Solyanka provvedeva a passare alla Premiata Ditta, stavolta formalmente, un ordine per cinquanta pezze, che erano quelle che risultavano su ogni movimento di magazzino e su ogni transazione. Le altre cinquanta, debitamente inviate e spedite con tutte le altre alla volta di Turkmenbashi o di Asghabad, venivano pagate a Nerino brevi manu e Nerino ometteva solitamente di informarne i soci. Il tutto, ovviamente, richideva una pronta complicità anche da parte del personale amministrativo, ed anche in questo caso non esisteva alcun problema perché anche i rapporti di Nerino con Gianna Patrizi erano da sempre improntati alla massima trasparenza, come avremo modo di vedere.
Anni ed anni di fruttuosi affari con la signorina -poi signora, poi signorina di nuovo- Moskowitz permisero a Nerino di incamerare (e di sperperare) cifre considerevoli alle spalle della torma di associati, che stanti quelle che parevano vacche grasse inesauribili lasciarono correre per moltissimo tempo. La farsa giunse al punto che in un anno imprecisato del millennio presente in contabilità figurò un movimento di molte decine di migliaia di euro in favore della signora (o signorina) Moskowitz, privo di qualsiasi giustificativo dal punto di vista del fatturato e delle provvigioni. A fronte di qualche domanda degli altri soci, dettata più da curiosità che da altro, Nerino non fece che stringersi nelle spalle ed asserire che la Solyanka aveva avuto bisogno di soldi e che aveva provveduto lui, con la generosità che gli era propria...

sabato 4 giugno 2016

Premiata Ditta leaks. Anzi, Premiata Ditta sucks!

Nel corso della sua storia, prima come Bellestoffe Tela e poi come Premiata Ditta, la compagine aziendale che qui si addita al pubblico disprezzo nell'essenza del suo padrone e di una certa quota delle sue maestranze ha tenuto fitte relazioni commerciali con mezzo mondo.
Questo ha imposto di stabilire rapporti con un certo numero di rappresentanti tra i quali, soprattutto dopo la fine delle partecipazioni di Bellestoffe Group, c'è stato un turnover eloquente.
Detto altrimenti, i rappresentanti rimettevano il mandato uno dopo l'altro, e non sempre lo facevano con particolare riguardo per l'educazione formale.
L'esempio che segue sarà illuminante anche per i lettori. Del comportamento da tenere presso gli spedizionieri affinché la propria impresa commerciale abbia a soffrirne il più possibile si è già detto. In questo caso ci occupiamo invece degli uffici di rappresentanza.

Ermelindo è rappresentante della Premiata Ditta. Siccome i rappresentanti non vivono d'aria ed anzi sono conosciuti in genere per i disinvolti comportamenti di spesa cui sono soliti indulgere, è normale che gradiscano essere retribuiti e che un anno di ritardo nel pagamento di provvigioni stradovute non venga da loro considerato propriamente un segno di stima.
Ermelindo scrive almeno ogni quindici giorni per sapere quando riceverà i suoi soldi.
Nel pieno del marasma susseguente la non compianta scomparsa del padrone, Gianna Patrizi così gli rispose.
Il maiuscolo -irritante come poche cose quando si riceve una mail- è nell'originale.
BUONGIORNO ERMELINDO!

NON VORREI ESSERE SCORTESE MA ANCHE NOI SIAMO IN ATTESA DI MOLTE RISPOSTE DA PARTE TUA IN MERITO AGLI INCASSI NON RICEVUTI DI LASUORA E BALZIROSSI.

SPERO TU CI DICA QUALCOSA OGGI,

GRAZIE
Lasuora e Balzi Rossi sono -o forse erano- due piccole manifatture che avevano ordinato merci per qualche centinaio di euro.
Ermelindo non vedeva un ghello da non si sa quanto, e il conteggio delle sue provvigioni era andato mese mese ingrossandosi nell'indifferenza di Nerino prima e dell'affranta e disorientata sorella poi.
Ermelindo non l'ha presa troppo bene e ci sarebbe da stupirsi del contrario, visto che per quanto si affannino a garantire colleghi, ex colleghi, amministratrici eccetera aver lavorato portando in giro il nome della Premiata Ditta significa innanzitutto e sopra ogni altra cosa essersi guadagnati sul campo la nomea di appestati a servizio di un grottesco e ripugnante pagliaccio.
Sul fatto che oltre che grottesco e ripugnante il pagliaccio sia anche morto l'alata Fama tende -appunto- a sorvolare.
Sennò cosa ce le ha a fare, le ali?
Torniamo a noi: appena ricevute le due righe su riportate, Ermelindo si è messo alla scrivania e mostrando una lodevole proprietà di linguaggio ed una ancor più lodevole pacatezza di toni ha così risposto a Gianna Patrizi.
A proposito. Il blasone familiare di Gianna potrebbe portare come motto Ablvta tersaqve non vsa videtur, "Lavata e asciugata non sembra adoperata". Il perché di un titolo così poco elegante lo si scoprirà tra non molto.
Ciao Gianna,

La differenza tra quello che chiediamo noi è quello che chiedete voi è molto semplice.
Quello che chiediamo noi è scaduto da molto tempo, quello che chiede voi da pochissimo.
Quindi non rispondere con il pretesto di Balzi Rossi (che è liquidazione come voi) e Lasuora (il cui titolare è fuori per motivi personali). Mi sembra oltremodo scorretto perché abbiamo aspettato per un anno intero, e senza fiatare, che foste voi a pagarci il dovuto.
Tengo a precisare, come Viridiana Lanucci può confermare, che anche se da voi aspettiamo provvigioni sul pagato stiamo in ogni caso mantenendo comunque rapporti con Premiata Ditta che sono improntati alla professionalità, facendovi pervenire ancora oggi ordini che i clienti continuano a passarci e che potremmo tranquillamente evadere altrimenti. Chiediamo come minimo che vi comportiate nello stesso modo nei nostri confronti.
Tengo inoltre a precisare una questione che forse voi avete dimenticato. Il sottoscritto Ermelindo è riuscito a non farvi addebitare alcuna penale dalla Manifatture Dappreso sulla mancata consegna di un'articolo; in quel caso avevate indicato una data di conferma ed una data di consegna, e il tessuto non è mai arrivato. Se questo piccolo particolare vi fosse poco presente ve lo faccio ricordare tranquillamente adesso.
Mi spiace dirtelo, ma stavolta le cose andrannno in modo molto differente perché non ho la minima intenzione di aspettare un anno intero come l'altra volta e procederò fin da subito, se necessario, a tutelare i miei interessi nelle sedi opportune.
Attendiamo il pagamento delle nostre provvigioni entro la prevista chiusura estiva. Le modalità di pagamento invece vogliamo conoscerle fin da subito.

Saluti
Cioè: quindici persone a fare in culo, ditta sbaraccata, una risma di decreti ingiuntivi sulla scrivania e ancora si trova il fiato per tirarsela.
Ma la Repubblica Francese invece che a Mururuoa non potrebbe sistemare i propri ordigni nel centro della città di Campo?
Da dove nasce questa rovinosa certezza che vuole la vita di un campese più importante di quella di un granchio da cocco (Birgus Latro, Lynn.)?

sabato 21 maggio 2016

I tirocini professionali: un'occasione per i giovani, un'occasione per le imprese

Nel 2011 la Premiata Ditta fu espulsa con le brutte da Bellestoffe Group.
Gli ammanchi, la cialtroneria, l'arroganza e la pura e semplice stupidità cattiva che Nerino profondeva in ogni campo dell'attività d'impresa erano stati troppo persino per i consoci che all'indomani dell'ennesima porcata fatta gli avevano sbattuto in faccia le loro quote, ingiungendogli di non azzardarsi mai più sporcare il nome di Bellestoffe e ad arrangiarsi come diavolo gli pareva a partire dal primo gennaio successivo.
Koka Baranidze fu spedita dal Lanucci a comperare fuochi d'artificio e spumantino per solennizzare l'avvenimento: senza la fastidiosa zavorra della pur residuale correttezza e di quel brandello di onestà e concretezza che permettono persino a Campo di tenere a galla le imprese -incarnate dai Padri Fondatori- si apriva per Nerino e per le sue amichette un festoso periodo di gozzoviglie (previsione azzeccata) ed un roseo futuro di successo (previsione errata, se mai azzardata da qualcuno).
Dopo pochi mesi in mano al Lanucci e alle sapienti corpivendole che lo consigliavano la Premiata Ditta perdeva già quattrini alla grandissima, inceppata ad ogni livello dal demenziale comportamento di quel pagliaccio repellente. Iniziò così una elaborata e sordida caccia a qualunque genere di entrata accessoria, e nel 2013 la Premiata Ditta ospitò per alcune settimane quattro tirocinanti delle scuole superiori di Campo: due furono spediti in campionario ad aiutare Koka Baranidze, altri due furono affidati al sottoscritto che li intrattenne per un po' mostrando loro sistemi e pratiche in uso presso la Premiata Ditta e presso Bellestoffe Group.
A Bellestoffe Group non gradirono: che non ci facessimo più vedere, noi e la nostra razza di appestati. 
Dopo tre giorni a stretto contatto con la realtà aziendale e con l'estrosa personalità del Lanucci i quattro ragazzi erano passati dallo stupefatto al basito, per arrivare alla conclusione di avere a che fare con un'organizzazione in cui la produzione di beni e la loro commercializzazione erano le ultime delle preoccupazioni. Al termine del periodo di tirocinio tornarono alla base: i due affidati al sottoscritto un po' meglio in salute dei due affidati a Koka, che aveva finalmente trovato qualcuno in grado di sollevarla dal pericolo di rovinarsi le unghie fresche di onicotecnico e le caviglie inguainate in calzature da trecento euro al paio: i due ragazzi avranno senza dubbio considerato il miscuglio di invettive, disprezzo e lavoro ebete affibbiato loro dalla coppia Lanucci Baranidze come un'esperienza difficile da dimenticare.
Spariti dalla circolazione i quattro, dei tirocinanti non si parlò più fino all'anno successivo.
A tre mesi dall'infarto che lo avrebbe tolto di mezzo Nerino chiese all'Amministrativa Taciturna di occuparsi della cosa e soprattutto del relativo rimborso.
Sorpresa, la Premiata Ditta non era tra quelle cui erano destinati dei tirocinanti.
Niente proprio.
I quattro malcapitati dell'anno precedente avevano parlato nei giusti termini dell'esperienza fatta, e chi di dovere aveva riconosciuto alla Premiata Ditta e soprattutto al suo padrone esattamente il valore che si meritavano e li aveva estromessi tranquillamente dagli elenchi.
Nerino fece un paio di telefonate di cui non è noto il contenuto, ma che difficilmente dev'essere consistito di lodi alla sua persona.
Per qualche giorno inveì più del solito e con ancor meno efficacia del consueto: di rifarsela con l'unico colpevole, che era ovviamente lui stesso, non gli passò neppure per la testa.

I suoi ultimissimi mesi su questa terra conoscevano dunque un altro successo di marketing e di immagine.
Non sarebbe stato l'unico, come avremo modo di vedere. 


sabato 14 maggio 2016

L'importante nella vita è farsi strada

La continua ostentazione di lussi da parvenu rappresenta in molti casi una sorta di rivalsa su una natura matrigna e su un destino da stortignàccoli, cui magari si è riusciti a sottrarsi per il rotto della cuffia. Nerino Lanucci in questo era un caso emblematico con la sua casa mediocre per posizione e costruzione ma strapiena di inutili complementi d'arredo, la sua Saab, la sua Bentley, il suo modo di abbigliarsi improntato ad una costosa ridicolaggine. Se pensiamo che a tutto questo si accompagnavano un modo di fare repellente e l'ostentazione di atteggiamenti, opinioni e valori di cui si sarebbe vergognato un magnaccia con la sifilide si ottiene un quadro d'insieme tale da indurre quanti lo incontravano per strada a cambiare senz'altro marciapiede.
Un giorno lontano, quando ancora di là da venire era il guiderdone strameritato per le oscenità perpetrate un giorno sì e l'altro pure, Nerino Lanucci era arrivato in ditta alla guida di un SUV costosissimo e decisamente fuori misura, considerato il fatto che Nerino era alto un metro e cinquantasei. Una specie di tragedia dell'ergonomia, di cui Nerino non aveva ovviamente tenuto conto alcuno al momento dell'acquisto.
Gli ricordò la cosa invece un suo ex compagno di brigata, di quelli che da ragazzi si ritrovavano nei circoli ricreativi, al bar o all'oratorio e che la vita ora separa ora riunisce a seconda del caso, delle circostanze e delle carriere. Un ex compagno di brigata che di carriera non ne aveva fatta poi molta, campando anzi alla bell'e meglio facendo l'autista di furgoni.
Che a Campo trasportano una cosa soltanto.
Arrivato nel piazzale della Premiata Ditta per consegnare pezze lavorate, questo signore aveva visto Nerino scendere da quella specie di catafalco a quattro ruote e si era rivolto esterrefatto ad uno dei magazzinieri.
"Ma come... Ma è Nerino, quello!? Ma come... Che ci fa lui, qui?!"
"...Eh, è uno dei titolari!"
"Ma chi?! Lui?! Ma se non era capace di fare un cazzo e tutti lo scansavano perché barava a carte tutte le volte... Sai come lo chiamavamo? Vaso lo chiamavamo: come la tazza del cesso!"
Poi era andato a salutarlo: "Vasoooo!!! Quant'era che non ti vedevo! Ma hai fatto soldi, eh?!"
A quel punto aveva ammiccato con fare teatrale alla vetturetta da cui Nerino era sceso, e con altri gesti aveva fatto riferimento alla sua altezza: "Oh, ma come fai per salire e per scendere... Ti porti dietro uno sgabello, vero...?"

Dopo qualche tempo il SUV sparì.
Vaso non doveva aver gradito.
E poi per portare le mazze da golf ci sono anche altri sistemi.

venerdì 6 maggio 2016

La produzione tessile: cura del dettaglio, precisione, competenza.

Quando si è stabilito che i debiti vecchi non i pagano e quelli nuovi si fanno invecchiare è sufficiente attenersi al principio per far sì che un'impresa vada a rotoli in un tempo più o meno breve.
Questo vale essenzialmente per l'aspetto amministativo, finanziario e contabile; accanto a questi, però, le imprese hanno anche un aspetto, un'attività, un reparto produttivo, che andrà diretto con la stessa approssimativa cialtroneria onde assicurare nel più breve tempo possibile il risultato voluto, che non è quello di conseguire un vantaggio economico.

Dunque.
Mettiamo che tu sia un povero demente bambinescamente viziato e che ti abbiano fatto credere che sei un grande imprenditore.
Mettiamo che tu abbia in ditta -e non certo per tuo merito- una squadra che fra tecnici e commerciali è capace di generare introiti per una decina di milioni l'anno.
Mettiamo tu faccia di tutto per farti odiare e disprezzare, riuscendoci all'istante presso metà delle maestranze e dopo qualche anno anche per l'altra metà.
Mettiamo che per questo le maestranze vadano incontro ad un turnover rapidissimo, dove i primi a sparire sono proprio gli individui meglio preparati e maggiormente competenti.
Mettiamo che quanti interrompono in modo più o meno urbano il loro rapporto con la Premiata Ditta vengano sistematicamente sostituiti da scalzacani di varia irrilevanza, scelti col criterio puro e semplice dell'economia di esercizio.
Mettiamo che i grafici del fatturato mostrino di conseguenza la sparizione di Grosso Cliente, di Cespite Importante e di Irrinunciabile Multinazionale.
Mettiamo che tu abbia anche la lodevole abitudine di pagare i fornitori sine die, ché i soldi servono a mantenere un numero sempre crescente di giovani donne poco rispettabili.
Mettiamo che almeno un paio di queste giovani donne poco rispettabili ricoprano in azienda ruoli di una certa rilevanza, e che non manchino di far putrefare il clima organizzativo suscitando la disistima o addirittura l'odio del resto delle maestranze, in considerazione del loro ascendente e della loro propensione alla delazione.
Mettiamo che le maestranze che hanno lo stomaco di reggere tutto questo e che non hanno sbattuto la porta solo perché piegate da famiglie a carico, mutui e madri vedove, riescano miracolosamente a rimediare e a riconquistarsi la fiducia di Irrinunciabile Multinazionale, entusiasta per il tuo articolo Steekutsie al punto di ordinarne cinquantamila metri.
Cosa succede?
Succede che cinquantamila metri sono tanti. Sono cinquanta chilometri, la distanza tra Campo e Castelmendace di Sopra.
Succede che i fornitori di te non vogliono più saperne, sicché ti tocca suddividere la lavorazione in cinque o sei diverse tessiture che hanno cinque o sei o dieci o venti diversi tipi di telaio.
Succede che le pezze tessute rientrano alla spicciolata e che ciascuna partita ha un difetto proprio, o magari anche più di uno.
Succede che i difetti si amplificano e moltiplicano durante la fase di rifinizione, che tu non hai voluto interrompere per non perdere l'ordine, prendendo anche a male parole chi ti diceva che forse sarebbe stato il caso di prendersi un po' di tempo e magari di rivolgersi ad altri fornitori... dopo aver pagato le vecchie pendenze.
Succede che la merce parte di gran carriera alla volta dell'indirizzo di destinazione del cliente, che nel caso specifico è Posto Lontanissimo in Riva all'Atlantico, e che qui si sfragna sanguinosamente su controlli qualità un po' meno elastici dei tuoi che sono elasticissimi perché semplicemente non esistono.
Ed ecco rientrare mestamente in magazzino gabbie e gabbie di articolo Steekutsie, mandate a spese tue a prendere una boccata d'aria buona.
Costo dello scherzetto, euro Non Si Sa Quanti Ma Sicuramente Parecchi.
Sicché per invitare in cavialoteca o in aragosteria una delle giovani donne poco rispettabili di cui sopra, ti tocca rifilare -e di corsa- l'articolo Steekutsie ad un quinto del suo valore, letteralmente al primo che passa.
Al bilancio, ci si penserà un'altra volta.

domenica 27 marzo 2016

Un Cambronne di provincia

A circa un mese di distanza dalla morte di Nerino Lanucci la Premiata Ditta pare si sia rimessa in carreggiata; il timone ce l'ha Viridiana Lanucci che si è addossata stoicamente l'incombenza ma che a giudizio di tutti, in Bellestoffe Group, non è in grado di interiorizzare implicazioni, incombenze e conseguenze del suo nuovo ruolo.
Titolare solo sulla carta, la sorella di Nerino si è sempre rimessa alle decisioni del fratello che tollerava critiche, consigli ed osservazioni come un toro tollera il rosso, anche perché dietro ogni abbozzo di critica, ogni consiglio, ogni osservazione -specie se avanzati da soci o (peggio) sottoposti- poteva celarsi un tentativo di capire qualcosa di una gestione risaputamente ai limiti del delinquenziale. Viridiana è arrivata dunque alla piena maturità assolutamente digiuna di qualunque competenza gestionale e manageriale e, cosa altrettanto grave, in rapporti meno che buoni con la cognata.
Teresa Redentori vedova Lanucci non si era mai curata di informarsi in maniera troppo accurata delle attività "imprenditoriali" del marito, limitandosi a vivere tra gli agi senza porsi troppe domande; aveva dovuto cambiare registro ad esequie avvenute, perché le pratiche per la successione dovevano comunque prendere il via.
Al suo inatteso presentarsi in ditta per recuperare vari effetti personali di Nerino, ivi compresi il pc portatile ed i famosi telefoni, chi scrive fu caldamente consigliato da Viridiana di rendersi irreperibile e di non fare parola né dei cellulari né delle proprie competenze e prerogative in materia di password, dati personali e quant'altro.
Nerino aveva occupato un ampio ufficio dipinto a colori chiassosi e lo aveva arredato con un guazzabuglio di mobilacci da due lire che nelle intenzioni dovevano fare da contraltare al prezioso antiquariato che rendeva una visita all'ufficio del Padre Fondatore Numero Uno impegnativa come un tour museale. Come toilette d'elezione Nerino usava quella dirimpetto all'ufficio, e chi scrive andò a rintanarvisi proprio mentre la vedova Lanucci saliva le scale.
I sanitari -due, in due box distinti- presentavano abbondantissime tracce di recente e poco rispettoso utilizzo.
Mesi prima su ordine di un Nerino più indisponente del consueto si era dovuto provvedere a cartelli che esortavano l'utenza a lasciare tutto quanto in accettabili condizioni di igiene. In un ambiente di lavoro in pieno XXI secolo, frequentato per lo più da ultratrentenni con famiglia a carico, si era dovuti arrivare ad occuparsi di tanto vitale questione perché qualche astioso appartenente al personale impiegatizio si era accorto degli orari di discarica delle interiora del "signor" Lanucci, e faceva spesso in modo da fargli trovare il bagno in condizioni ripugnanti allontanandosi poi senza che Nerino fosse mai riuscito a coglierlo sul fatto.
A quanto si poteva constatare l'abitudine era proseguita anche dopo la dipartita di Nerino, l'aveva avuta vinta sull'industrioso affaccendarsi del personale delle pulizie e aveva fatto di quella stanzetta un ambiente pochissimo piacevole raccomandazioni nonostante.
Degno di escrementi da vivo, degno di escrementi da morto.
Un quadro rivelatore, abbandonato con premura appena la vedova ebbe imboccato la porta dell'ufficio.

lunedì 21 marzo 2016

I debiti vecchi non si pagano e quelli nuovi si fanno invecchiare

Roma non fu distrutta in un giorno, e si converrà che occorre del tempo anche per distruggere una ditta tessile.
L'opera di distruzione passa anche dall'instaurazione di una nomèa e di una aneddotica che spingano fornitori e prestatori d'opera a prendere le distanze, ed il miglior modo per farlo è ovviamente quello di non onorare gli impegni. In questo scritto si illustra dunque un caso particolare: come distruggere la credibilità della propria azienda presso un'impresa di trasporti.
Al pari di molte altre realtà produttive una ditta tessile ha bisogno di veicolare prodotti, materie prime e semilavorati, sia che si tratti di pezze finite sia che si tratti di materiali da affidare a lavorazioni esterne o di buste di campioni da far arrivare a chicchessia. Per la città di Campo e dintorni, la poca clientela in zona e le lavorazioni locali sono sufficienti furgoni e furgoncini, quando non le autovetture dei dipendenti, che il signor Lanucci non disdegnava certo di mandare qua e là con le più varie incombenze senza ovviamente riconoscere alcun rimborso.
Per il resto del mondo tocca affidarsi a corrieri e spedizionieri.
Negruzzi e Benamozegh è il più grosso spedizioniere di Campo. Il padrone superstite (il signor Benamozegh è morto qualche anno fa) era amico dei Padri Fondatori da un secolo, sicché i pagamenti non erano mai stati un problema né per limiti di tempo né per quanto riguarda la peculiare abitudine campese che consiste nel ritoccare al ribasso qualunque cifra sia dovuta.
A Campo vige infatti una prassi particolarissima e il più delle volte genericamente accettata, qui illustrata nel dettaglio, che consiste nell'autoattribuzione di uno sconto più o meno sostanzioso nei pagamenti.
Nel caso specifico, se le pezze dirette a Bucarest, quelle inviate a Stavropol e quel rientro di merce rifiutata dal cliente di Bruxelles hanno fatto emettere al signor Negruzzi (e, in spirito, al signor Benamozegh) una fattura da 1124,90 euro, il padrone ordinerà al proprio reparto di amministrazione ed a proprio assoluto arbitrio di effettuare un bonifico di 1100,00 euro nei casi normali, di 1000,00 euro nei casi più spregiudicati, e di 0,00 euro nel caso della Premiata Ditta.
In altre parole, nell'ufficio amministrativo della Premiata Ditta il doppio faldone riservato alle fatture di Negruzzi & Benamozegh era gonfio di fatture non pagate che andavano accumulandosi da un anno all'altro ed il cui totale aveva raggiunto l'equivalente del costo di una civile abitazione. 
Due mesi prima della scomparsa di Nerino Lanucci si svolse negli stabili aziendali una immonda partita di rimpiattino. Dopo una quantità di scuse, dinieghi, rinvii e prese in giro belle e buone Nerino aveva dovuto acconsentire ad un incontro col signor Negruzzi. Solo che il giorno dell'appuntamento... aveva pensato bene di non farsi trovare.
L'ultrasettantenne Negruzzi dovette appostarsi all'ingresso, al desk, per aspettarlo.
Al suo arrivo qualche indefinibile tempo dopo, lo investì ovviamente di invettive, proseguite poi nella adiacente saletta riunioni.
Dopo un bel po' di strepiti ed essere arrivato come d'uso ad un niente dallo scontro fisico, Negruzzi se ne andò sbattendo la porta, tacciando il Lanucci di ladro ed ingiungendogli di non usare mai più i servizi della sua impresa: nemmeno per mandar via una busta.
Il tutto sotto gli occhi di soci, maestranze e collaboratori di Bellestoffe Group, richiamati in zona dalla zuffa e da tempo comunque abituati a vedere questo ed altro.

sabato 19 marzo 2016

Prime crepe, primi nodi

"...Ah, qualcuno ha stappato lo spumante davvero: per esempio quelli della Ditta Acme, che li ha fatti fallire lui a furia di non pagare le fatture..."

Considerazioni espresse ad alta voce da un magazziniere di lungo corso.

Nel pieno dell'estate e a qualche settimana appena dalla scomparsa di Nerino vengono al pettine i primi nodi seri, e il suo gretto mondo di lussi da pescecane comincia a mostrare le prime crepe.
Nello stolto vitalismo "imprenditoriale" che lo caratterizzava, immediatamente dopo aver ricevuto da Bellestoffe Group un brusco congedo (su tutta la vicenda avremo occasione di dilungarci in una prossima occasione), Nerino aveva aperto un'altra piccola impresa tutta sua, la Titta's.
Aveva cooptato due signori freschi reduci da una débacle ma con un bel campionario di tessuti denim: ovviamente in capo a qualche mese i due capirono in che ambientino si erano andati a cacciare e non tardarono a trarre conclusioni piuttosto brusche sul clima organizzativo e sui "valori" del Nostro, congedandosene uno dopo l'altro -peraltro in modo assai urbano- e lasciando la Titta's senza reparto tecnico e senza reparto commerciale dopo meno di un anno. Durante una giornata abbastanza tesa uno dei tecnici arrivò ad apostrofare sprezzante Nerino riguardo a Koka Baranidze, quella sua amichetta che dal campionario avanzava pretese e interferenze forte del proprio ruolo, comportandosi come l'ennesimo bastone tra le ruote della produzione.
L'ennesimo bastone tra le ruote, perché lavorare per la Titta's voleva dire procedere alla giornata, a prezzo di fatiche schifose e in mezzo a problemi di ogni genere, dovuti anche al fatto che i mancati pagamenti ai terzisti che per il Lanucci erano un modo di fare abituale costringevano il personale della Titta's e quello della Premiata Ditta a mantenere addirittura le distanze fisiche dalla sede di certe imprese creditrici, per ridurre al minimo il rischio di essere riconosciuti e di subire manesche rappresaglie.
Impiantare Titta's aveva richiesto un certo sforzo economico; orbata di quattro quinti del personale, la ditta non ripagò neppure in minima parte le spese di impianto e sostanzialmente non produsse mai un centesimo di utili, al punto da far pensare che l'intenzione di Nerino, qualunque fosse, non era certo quella di utilizzarla per ricavarne dei proventi ma se mai quella di usarla come discarica per magagne, seccature e soprattutto passivi di altra provenienza, arraffando magari qualche articolo interessante dal campionario denim su ricordato e rivendendolo poi con la Premiata Ditta.
Alla morte di Nerino, la Titta's perdeva centinaia di euro ogni giorno per il solo fatto di esistere e tutta la sua attività si compendiava di qualche articolo messo a listino e venduto dalla Premiata Ditta col sistema su descritto. A tenere il forte, un superstite impiegato commerciale che per l'ingarbugliata serie di vicissitudini sentimentali e familiari che aveva imbastito era costretto a praticare quella Sopravvivenza Dura che dei fronzoli e degli Entusiasmoni se ne strafrega, e che se mai avrebbe vitale bisogno di un po' di tranquillità e di certezze.
Relegata in una sala al primo piano e condividendo strumenti, mezzi ed ambiente con la Premiata Ditta -il cui personale lavorava per entrambe le ragioni sociali con tanti saluti alla legislazione sul lavoro- in quel mese di luglio la Titta's ebbe un'eutanasia informatica ed organizzativa rapida e semplice, con lo spegnimento e il distacco dalla rete dei tre pc e delle due stampanti di competenza, con la chiusa a chiave della stanza e con la sua rimozione dalla lista degli ambienti con i condizionatori abilitati.
Sulle vestigia assolate della Titta's la temperatura iniziò a crescere.
Cominciò a far caldo.
Mai tanto caldo quanto ne faceva altrove a chi l'aveva messa in piedi, naturalmente.

venerdì 4 marzo 2016

Andare avanti

Tra una cosa e l'altra chi scrive ha lavorato per Bellestoffe Group per una quindicina d'anni e in tutto questo tempo avrà partecipato, forse, a tre riunioni aziendali. Questo in un mondo in cui in teoria ci sono riunioni continue, il più delle volte eccellenti come scuse per non rispondere al telefono e per farsi gli affari propri, magari non visti, in qualche angolo degli uffici.
Le prime due sono state un proseguimento delle invettive quotidiane con altri mezzi: il padrone sbraitava, e stop.
La settimana dopo l'inumazione del caro estinto (o il sotterramento del cacca, a seconda della fazione con cui ci si vuole schierare) si tiene invece un'assemblea dai toni molto ovattati e composti, e c'era suo motivo.
In minuti sei e mezzo Viridiana Lanucci, sorella del padrone e titolare di una manciatina di azioni, spiega di aver fatto le mosse necessarie "per far ripartire la ditta" e che "tutti d'ora in poi devono impegnarsi doppiamente".
Fine.
Seduta accanto a chi scrive, silenziosissima, la ex favorita Koka Baranidze che ha ottimi motivi per tacere e meditare. L'Onnipotente ed irato Dio del Vecchio Testamento, quello che scaglia urlando nell'Abisso l'animaccia nera dei fornicatori perché le tocchi per destino l'eterna dannazione, aveva già iniziato a presentarle il conto della sua più volte emersa propensione alla delazione.

Lavorare in un campionario tessile significa scegliere, sovrapporre, tagliare, incorniciare e spedire pezzi di stoffa e cartelle colori. Il lavoro non è pulitissimo e ci si impolvera un po' cosicché le campionariste non sono solite fare sfoggio di eleganza: abbondano tute da ginnastica, pantaloni militari e altri indumenti resistenti e comodi. Koka Baranidze invece si presenta ogni mattina (con molto comodo, come si è visto) in tacco dodici ed abbigliamento ricercato: una miriade di capi che molto difficilmente potrebbe concedersi con le sole entrate del proprio lavoro.
Di quello ufficiale, almeno.
Così conciata ha percorso in via ahilei provvisoria un bel pezzo di carriera: campionarista, capo campionarista (il padrone cacciò l'altra dipendente, con ogni evidenza meno disponibile di quanto avrebbe dovuto), accompagnatrice ufficiale (i piccioncini andarono insieme a Tokio ad una fiera tessile lasciando a casa il personale del commerciale estero... perfetto, avanti tutta così), responsabile immagine, stilista.
Con quel nefasto giorno di fine primavera, dalla sera alla mattina la povera Koka si è trovata peggio della Du Barry.
La contessa du Barry è stata l'ultima favorita di Luigi XV, quella che alla morte del sovrano venne allontanata con sollecitudine dalla reggia di Versailles che è un modo delicato per dire che la schiodarono di lì a calcagnate nel solco perineale. Dopo qualche annetto se ne rammentarono i rivoluzionari, che prima la frugarono bene bene a caccia di quattrini residui e poi le fissarono un appuntamento la mattina presto in piazza: un certo Sanson cercava modelle civettuole per sperimentare una cura radicale per i capelli bianchi.
Prima però dicono che ci volle del bello e del buono a tenerla ferma in dodici e a legarla come un salame, ché non ne voleva sapere di star buona, accidenti a lei. Guarda un po' te se un onesto carnefice di stato deve far di queste sudate...
Fatte le debite proporzioni e soprattutto stante l'assenza di ghigliottine utilizzabili, alla favorita del de cuius repentinamente a contatto di gomito con decine di persone che la disprezzavano e senza nessuno che la difendesse nemmeno in nome di una qualche residua carità cristiana, toccò da quel giorno in poi una lunga, lunga, lunga serie di risatine di scherno, rutti in faccia emessi per sapiente caso e vaffanculo a mezza bocca.

giovedì 3 marzo 2016

Gli spiccioli del giorno dopo

Un mercante arabo che aveva perduto mille denari disse a suo figlio: "Tieni per te questa triste notizia". " Padre", replicò il giovanotto, "ti obbedirò, purchè tu mi spieghi per qual motivo dobbiamo tacere la nostra sventura". " Affinchè non ce ne siano due: la perdita del denaro e la gioia maligna dei vicini".
Cesare Marchi

Verso le dieci di mattina, qualche giorno dopo l'inizio dell'armageddon aziendale.

"...MA TI SEMBRA QUESTA L'ORA DI ARRIVARE?! IN QUESTA DITTA SI ENTRA ALLE OTTO E MEZZO, EH!"
"...Galeazzo, ma con chi ce l'hai...?"
"...Ce l'ho con chi arriva a lavorare alle dieci, ce l'ho!"

Galeazzo, antico socio del padrone, ha evidentemente ricevuto alcune incombenze di un certo tipo data la gravità dell'ora.
Bersaglio dell'invettiva era Koka Baranidze, appena ripresentatasi in ditta dopo una settimana buona di lutto stretto: su una cosa le maestranze sono tutte d'accordo, nel far capire a lei e ad altre corpivendole dal passato e dal presente più o meno discutibile che i tempi sono cambiati di brutto e che lo scotto da pagare per certi disinvolti comportamenti sarebbe stato piuttosto alto.
D'altro canto, succede spesso che i delatori facciano una brutta fine appena i loro servigi non sono più necessari: figuriamoci cosa non rischia un'infame abbandonata senza preavviso a quanti hanno fatto in più di un caso le spese della sua intraprendenza. 
Insomma, la ex favorita bersaglio dell'invettiva si allontanò senza una parola, salì sulla propria vetturetta di lusso (una variante da mantenuta, irta di finiture ridicole) e si allontanò impermalita dalla fabbrica per andare a metabolizzare chissà dove il repentino mutamento delle proprie condizioni.
La padrona dovette richiamarla al telefono.
Nel corso della stessa mattinata iniziano a scoppiettare battute come quelle che seguono.
Tecnico tessile maturo, capelli lunghi ed esperienza di lungo corso come tastierista progressive: "...Aspetta, questa roba qui bisogna farla vedere a Koka giù in campionario..."
Tecnico tessile giovane, attento alle mode quel tanto che basta, e q.b. versato nelle competenze del calcetto a cinque e a sette: "...Non se ne parla neppure... Io a quella là non faccio vedere proprio più un bel niente..."
Pino Pierini, ormai fissamente di ottimo umore: "...Guarda a cosa gli è servito mettere i piedi in testa a tutti, sempre, tutta la vita... eh? A cosa gli è servito...?!"
Il sottoscritto: "Difatti: ora come ora non può nemmeno decidere se abbassare o no il riscaldamento..."
In capo a pochi giorni chi scrive è riuscito, con un impegno davvero minimo, a convincere anche i più razionali circa la destinazione ultima del de cuius. Nei mesi a venire la cosa sarà oggetto di scenette e gag a cadenza quotidiana, che caratterizzarono un clima aziendale decisamente rilassato e sereno.

mercoledì 2 marzo 2016

L'agenda segreta di un business man

Il giorno dopo piombano in ufficio allo scrivente (un antro senza finestre condiviso con l'archivio, lo hardware e il rack dei server) Viridiana Lanucci e Galeazzo Fabrizi.
Sorella di Nerino, Viridiana avrà verosimilmente il compito di reggere almeno pro tempore le sorti della Premiata Ditta. Il Fabrizi invece è stato socio del de cuius in un mucchio di intraprese, non tutte fortunate.
Anzi.
I due hanno un paio di ciarlofoni cellulari ultimo modello. Nerino ne sbriciolava almeno uno ogni due mesi -di solito sedendocisi sopra- ed è stato fra i primi a Campo a distruggere uno Iphone.
Insomma, prima di consegnarli ai familiari, i due telefoni andrebbero ripuliti...
Quali segreti aziendali nasconderanno mai?
Neanche uno.
Molto più semplicemente sono strapieni di SMS e foto di Koka Baranidze ritratta in situazioni di sollazzo: pose da diva in locali di presunta raffinatezza e di sicuro costo, pose da diva sulla Bentley di Nerino, pose da diva sulla Saab di Nerino, pose da diva nella ditta di Nerino, pose da diva in qualche hotel o scannatoio in uso a Nerino.
Insomma, non sarebbe delicato far arrivare tutto questo direttamente in mano alla signora, vedova da qualche ora appena.
Il qui presente si rifiuta categoricamente di ripulire gli apparati: non è affar suo ed oltretutto è un'azione penalmente perseguibile. Si fa in tempo a vedere che Koka Baranidze aveva inviato alle dieci e qualcosa della sera fatale un messaggio a Nerino, chiedendogli cose del tipo "dove 6? xchè non rispondi?" "Ma lo so ke 6 in giro a skopazzare" e via dicendo. Alle dieci e mezzo de la tarde Nerino si trovava già all'altro mondo e probabilmente aveva appena scoperto con una certa costernazione non soltanto che la location destinatagli per il soggiorno eterno non somigliava molto allo Hotel Ritz, ma che c'era anche l'uso di non abbassare mai il riscaldamento.
Ecco: l'ultimo messaggio di Koka era qualcosa come "ma xchè non rispondi?! Sei morto?!".
Grandiosa, tanto nella forma quanto nel tempismo era davvero difficile far di meglio.
Si vince senza fatica la tentazione di premere qualche tasto e di risponderle "Sì", tanto ormai Koka lo sapeva benissimo, e si provvede a mandare praticamente a quel paese Galeazzo e Viridiana, una congiunta e (purtroppo per lei) socia di minoranza che scoprirà presto di dover affrontare un lungo periodo tutt'altro che piacevole e ricchissimo di brutte ed umilianti sorprese.
I due spariscono coi telefoni e fanno mancare loro notizie per il resto della giornata.
Nerino aveva in effetti una rubrica piuttosto fitta, e un mucchio di messaggi che denunciavano tacchinaggi più o meno espliciti il più delle volte andati anche a segno: molte giovani donne si mostrano condiscendenti nei confronti di simili individui. Aveva dato corda addirittura a qualcuno di quei phishing per dementi che in una lingua traballante asseriscono venire da splendide ragazze russe in cerca di amicizie maschili.
La Cloaca Maxima non fu riempita in un giorno: anche ad un compiuto ritratto di Nerino Lanucci si deve dunque accostarsi poco per volta.

...E Koka Baranidze, che era sparita all'apparir del vero?
La sua assenza, che dura ormai da tre o quattro giorni, viene ovviamente notata nonostante il trambusto.
Pino Pierini è il sanguigno magazziniere anziano: sessanta e passa anni di magrezza, muscoli e incazzatura, non si contano le volte in cui è arrivato ad un niente da agguantare Nerino per il collo e sbatterlo contro la parete, mocassini di pitone e tutto il resto.
Lo si incontra in corridoio.
"...Eh, visto? Visto? Noi qui tutti a lavorare e lei da quattro giorni al muro del pianto... Oh ma le cambieranno le cose, uh, se le cambieranno! Già hanno cominciato a cambiare, sì! Solo che ora noi qui tutti a lavorare e lei a fare quel che le pare come al solito... Ma adesso basta, col doppio stipendio a nero, tutti i capi firmati e l'affitto pagato... Ché a casa sua non lavora mica nessuno: li manteneva tutti lei, con il bel sistema che sappiamo..."

martedì 1 marzo 2016

Le commosse esequie

I funerali di Nerino Lanucci si tengono dopo qualche giorno in una chiesa stracolma nella località di Izzo, nel finitimo comune di Vallepirlo.
Gli intervenuti sono una vera folla che fatica a stiparsi all'interno della pieve e che soprattutto non si contraddistingue per le attestazioni di dolore e di commozione. Domina al contrario un'atmosfera relativamente rilassata -per non dire chiassosa- e ci sono anche molte persone che compiono gesti poco compatibili con la dignità del luogo. In fondo alla chiesa per esempio si riunisce presto una vandea che chiacchiera di pallone, spaparanzata sulle panche con le mani in tasca e le gambe accavallate. Ogni tanto escono gruppi di due o tre persone che vanno a farsi un caffè al bar di fianco e ritornano dopo una quantità di tempo in cui sarebbe tranquillamente entrato un pranzo di due portate, ostentando un atteggiamento disinvolto e davvero ristorantesco.
Fendono la folla lagrimose la vedova e le figlie, raggiunte dall'altrettanto addolorata rappresentante turkmena Solyanka Moskowitz che si è fiondata a Campo con il primo volo disponibile.
In questo è stata imitata da un certo numero di corrispondenti esteri e rappresentanti, un'umanità in cui pullulano lestofanti, viscidi, cialtroncelli, profittatori, pigri e puttanacce pure e semplici accomunati soltanto dal contratto a suo tempo stretto con la Premiata Ditta.
Nel corso del rito Padre Fondatore Numero Uno e Padre Fondatore Numero Due pronunciano l'elogio funebre dell ex socio. Il primo facendo intendere alle maestranze della Premiata Ditta, e direttamente dal pulpito, che per quanto riguarda lui possono praticamente andare a farsi stritolare le chiappe. Il secondo chiudendo il più che scarno elenco di meriti del per nulla compianto estinto, riempito a fatica grazie a luoghi comuni dozzinali, con espressioni del tipo "e pensare che non eri neppure campese". L'affermazione può sembrare strana; va allora ricordato che agli occhi di industriali e imprenditori della città di Campo, ma anche a quelli del campese qualsiasi, non esiste merito capace di cancellare il peccato originale costituito dalle origini extracittadine, sia che le si debba ricercare in qualche borgo finitimo sia che si perdano in più remote lande, nebbiose o assolate che siano.
Si sarà capito che a stipare per un'oretta la chiesa di Izzo è un sacco di gente venuta ad assicurarsi che Nerino fosse morto schiantato davvero, e morto schiantato sul serio.
Ancora deve disperdersi l'odore dell'incenso che si percepisce difatti il tintinnar delle scimitarre pronte a scintillare al sole. A levare alto lo stendardo della vendetta c'è uno stuolo di creditori, gabbati, truffati, maltrattati e falliti per colpa del de cuius, finalmente intenti ad affilare le armi e soddisfattissimi di aver potuto constatare personalmente che le maledizioni funzionano.
L'atmosfera generale, punteggiata di sghignazzi e di gomitate allusive, ricorda i "fedeli bisbiglianti di cambiali e di contanti" di un'anticlericale poesia del Carducci; i pochi cattolici praticanti che ben conoscevano la profonda devozione che caratterizzava il festeggiato si sorpendono del fatto che all'aspersione l'acqua santa non svapori sfrigolando dal cofano funebre, levando un olezzo sulfureo.  
Siccome non si può lasciarlo in giro come se nulla fosse, anche se l'ipotesi troverebbe fra i presenti un buon numero di sostenitori, alla fine arrivano anche quelli dell'agenzia funebre e portano via il protagonista della giornata per andare a sistemarlo in un cimitero a qualche paese di distanza. Il consesso si scioglie e ce ne andiamo tutti per i fatti nostri: chi in ditta a far finta di lavorare, chi all'inumazione a far finta di essere dispiaciuto.

lunedì 29 febbraio 2016

Via Vituperio da Campo

Gli austeri ambienti della Confraternita sono un insieme ombroso di corridoi, ingressi e disimpegni: vi abbondano le lapidi e le epigrafi e l'atmosfera di tutto l'insieme è di quieta compostezza. Un certo numero di salette è riservato alle veglie funebri, ed in una di queste è sistemata la bara aperta del signor Lanucci.
Il grosso del personale della Premiata Ditta si presenta in rispettosa compunzione nel primo pomeriggio, accolto da una diade eloquente fin dalla collocazione dei suoi componenti, accomunati da un quasi pari dolore.
Accanto al feretro aperto staziona infatti la signora Teresa Redentori in Lanucci.
Accanto all'ingresso della Confraternita, a qualche prudente decina di metri, si trova invece quella Koka Baranidze che risultava irreperibile al mattino; tutto in lei fa pensare ad un lutto molto grave e la cosa la accomuna, più che alla vedova che notiamo silenziosamente sconvolta, alla Gianna Patrizi dell'ufficio amministrativo.

Nerino Lanucci è stato composto con molta cura e rivestito con un serissimo completo scuro che non lo rappresenta affatto e che non rende giustizia a quella passione per gli abbinamenti chiassosi e un tantino assurdi che da anni era un suo segno distintivo. In maniera meno formale e meno stringata si potrebbe dire che i più, trovandoselo davanti, faticavano non poco a rimanere seri.
Pantaloni fucsia, giacca verde pistacchio e scarpe gialle fosforescenti avrebbero reso molta maggior giustizia al suo concetto di abbigliamento, basato su capi dal costo insultante abbinati secondo criteri che sarebbe generoso definire come discutibili.
Occorre avere ben presente che ai vestiti da pagliaccio Nerino aveva sempre fatto corrispondere un comportamento iroso e coprolalico, improntato ad un disprezzo per tutto e per tutti abitualmente spinto al parossismo, propenso a piccole ma continue prepotenze e vendette meschine, irto di capricciosità bambinesche; e queste sono soltanto alcune delle numerosissime caratteristiche che lo avevano reso oggetto del disprezzo, se non del vero e proprio odio, di molte delle persone che ci avevano avuto a che fare. Un dato sostanziale difficilmente ignorabile, che spiega da solo i pochissimi segni di sconforto con cui i nove decimi degli interessati avevano accolto la notizia della sua morte.
Si viene a sapere che il funerale si terrà di lì a due giorni nella vicina località di Izzo e seguirà il rito religioso cattolico nonostante il molto poco compianto signor Lanucci fosse tutt'altro che praticante ed osservante ancora meno. Alla cerimonia sono attese persone da mezza Europa perché la Premiata Ditta ha una rete di rappresentanti mica da ridere, e questo ha imposto un'attenta organizzazione degli eventi.

domenica 28 febbraio 2016

La fine dell'inizio

...O L'inizio della fine, perché no.

Il sole di un bel mattino di tarda primavera accoglie lo scrivente al suo arrivo sul luogo di lavoro, in una zona industriale di recente realizzazione a sud della città di Campo. Verso dieci alle nove, di solito, tutti sono già in trincea: magazzino, campionario, uffici commerciali, ufficio tecnico... si aspetta solo l'arrivo del padrone, che può verificarsi in un momento qualunque compreso tra le zero e le ventiquattro e che dipende da molti fattori: bagordi della sera prima, bagordi della sera prima, bagordi della sera prima, viaggi di "lavoro", litigi con rappresentanti e fornitori da mesi o anni in attesa di avere quanto gli spetta e, in qualche remotissimo caso, persino dalle esigenze della produzione.
Quel bel mattino di tarda primavera invece le maestranze sono quasi tutte in piedi nell'androne dello stabile.
Silenziosissime.
"...Hai saputo...?"

Di solito quando ti approcciano così non è per dirti che qualcuno ha vinto alla lotteria.
"...No che non ho saputo; in questa ditta nessuno mi dice mai nulla di nulla..." ...come ai mariti cornuti, ci sarebbe stato da aggiungere, ma la gravità delle facce e delle braccia conserte consiglia di evitare espressioni troppo colorite.
"...E' morto Nerino..."
Insomma, la sera precedente il padrone si era recato a giocare a squash con gli amici, in un circolo ricreativo della zona. Pare gli facesse un po' male la gola; aveva smesso poco dopo il secondo gioco ed era andato a farsi la doccia. Poi era andato al bar del circolo dove avevano prenotato il campo: aveva chiesto un bicchiere d'acqua e ci aveva sciolto dello zucchero che era andato a prendere in macchina.
Il barista lo aveva visto sempre meno presente e gli aveva chiesto se aveva bisogno di qualcosa. "...Chiama il centodiciotto..."
Gli erano mancate le gambe ed era fracassato a terra, battendo il viso sul bancone. Non aveva fatto alcun tentativo di parare il colpo.
L'ambulanza non ha potuto far nulla: Nerino Lanucci aveva già lasciato hanc lacrimarum vallem (lui ci piangeva molto volentieri) in mezzo al gruppetto di amici esterrefatti.

Una rapida e silenziosa conta dei presenti fa registrare l'assenza non certo irrilevante -il perché lo si capirà con calma- di Gianna Patrizi e di Koka Baranidze. La prima viene reperita nell'ufficio amministrazione al primo piano, in preda ad un pianto tanto inconsolabile quanto giustificato: avremo modo di tornare con calma sulla fondatezza delle sue preoccupazioni, ed i lettori capiranno presto anche perché la signorina Patrizi sia stata tra i pochi a reagire alla morte di Nerino con sincero ed evidente dolore.
Per la Baranidze la ricerca è ancora più semplice: nessuno sa che fine abbia fatto, e tanto basti. 
Comincia una mattinata surreale, trascorsa per lo più chiacchierando, ciondolando qua e là, facendosi gli affari propri su internet, inviando decine di messaggi di posta elettronica per informare clienti e fornitori di quanto successo e comunicando in vari modi con amici e parenti. Dopo qualche ora si viene a sapere che la salma del padrone è stata composta ed esposta presso la sede di una antica e pia confraternita, in via Vituperio da Campo.