lunedì 29 febbraio 2016

Via Vituperio da Campo

Gli austeri ambienti della Confraternita sono un insieme ombroso di corridoi, ingressi e disimpegni: vi abbondano le lapidi e le epigrafi e l'atmosfera di tutto l'insieme è di quieta compostezza. Un certo numero di salette è riservato alle veglie funebri, ed in una di queste è sistemata la bara aperta del signor Lanucci.
Il grosso del personale della Premiata Ditta si presenta in rispettosa compunzione nel primo pomeriggio, accolto da una diade eloquente fin dalla collocazione dei suoi componenti, accomunati da un quasi pari dolore.
Accanto al feretro aperto staziona infatti la signora Teresa Redentori in Lanucci.
Accanto all'ingresso della Confraternita, a qualche prudente decina di metri, si trova invece quella Koka Baranidze che risultava irreperibile al mattino; tutto in lei fa pensare ad un lutto molto grave e la cosa la accomuna, più che alla vedova che notiamo silenziosamente sconvolta, alla Gianna Patrizi dell'ufficio amministrativo.

Nerino Lanucci è stato composto con molta cura e rivestito con un serissimo completo scuro che non lo rappresenta affatto e che non rende giustizia a quella passione per gli abbinamenti chiassosi e un tantino assurdi che da anni era un suo segno distintivo. In maniera meno formale e meno stringata si potrebbe dire che i più, trovandoselo davanti, faticavano non poco a rimanere seri.
Pantaloni fucsia, giacca verde pistacchio e scarpe gialle fosforescenti avrebbero reso molta maggior giustizia al suo concetto di abbigliamento, basato su capi dal costo insultante abbinati secondo criteri che sarebbe generoso definire come discutibili.
Occorre avere ben presente che ai vestiti da pagliaccio Nerino aveva sempre fatto corrispondere un comportamento iroso e coprolalico, improntato ad un disprezzo per tutto e per tutti abitualmente spinto al parossismo, propenso a piccole ma continue prepotenze e vendette meschine, irto di capricciosità bambinesche; e queste sono soltanto alcune delle numerosissime caratteristiche che lo avevano reso oggetto del disprezzo, se non del vero e proprio odio, di molte delle persone che ci avevano avuto a che fare. Un dato sostanziale difficilmente ignorabile, che spiega da solo i pochissimi segni di sconforto con cui i nove decimi degli interessati avevano accolto la notizia della sua morte.
Si viene a sapere che il funerale si terrà di lì a due giorni nella vicina località di Izzo e seguirà il rito religioso cattolico nonostante il molto poco compianto signor Lanucci fosse tutt'altro che praticante ed osservante ancora meno. Alla cerimonia sono attese persone da mezza Europa perché la Premiata Ditta ha una rete di rappresentanti mica da ridere, e questo ha imposto un'attenta organizzazione degli eventi.

domenica 28 febbraio 2016

La fine dell'inizio

...O L'inizio della fine, perché no.

Il sole di un bel mattino di tarda primavera accoglie lo scrivente al suo arrivo sul luogo di lavoro, in una zona industriale di recente realizzazione a sud della città di Campo. Verso dieci alle nove, di solito, tutti sono già in trincea: magazzino, campionario, uffici commerciali, ufficio tecnico... si aspetta solo l'arrivo del padrone, che può verificarsi in un momento qualunque compreso tra le zero e le ventiquattro e che dipende da molti fattori: bagordi della sera prima, bagordi della sera prima, bagordi della sera prima, viaggi di "lavoro", litigi con rappresentanti e fornitori da mesi o anni in attesa di avere quanto gli spetta e, in qualche remotissimo caso, persino dalle esigenze della produzione.
Quel bel mattino di tarda primavera invece le maestranze sono quasi tutte in piedi nell'androne dello stabile.
Silenziosissime.
"...Hai saputo...?"

Di solito quando ti approcciano così non è per dirti che qualcuno ha vinto alla lotteria.
"...No che non ho saputo; in questa ditta nessuno mi dice mai nulla di nulla..." ...come ai mariti cornuti, ci sarebbe stato da aggiungere, ma la gravità delle facce e delle braccia conserte consiglia di evitare espressioni troppo colorite.
"...E' morto Nerino..."
Insomma, la sera precedente il padrone si era recato a giocare a squash con gli amici, in un circolo ricreativo della zona. Pare gli facesse un po' male la gola; aveva smesso poco dopo il secondo gioco ed era andato a farsi la doccia. Poi era andato al bar del circolo dove avevano prenotato il campo: aveva chiesto un bicchiere d'acqua e ci aveva sciolto dello zucchero che era andato a prendere in macchina.
Il barista lo aveva visto sempre meno presente e gli aveva chiesto se aveva bisogno di qualcosa. "...Chiama il centodiciotto..."
Gli erano mancate le gambe ed era fracassato a terra, battendo il viso sul bancone. Non aveva fatto alcun tentativo di parare il colpo.
L'ambulanza non ha potuto far nulla: Nerino Lanucci aveva già lasciato hanc lacrimarum vallem (lui ci piangeva molto volentieri) in mezzo al gruppetto di amici esterrefatti.

Una rapida e silenziosa conta dei presenti fa registrare l'assenza non certo irrilevante -il perché lo si capirà con calma- di Gianna Patrizi e di Koka Baranidze. La prima viene reperita nell'ufficio amministrazione al primo piano, in preda ad un pianto tanto inconsolabile quanto giustificato: avremo modo di tornare con calma sulla fondatezza delle sue preoccupazioni, ed i lettori capiranno presto anche perché la signorina Patrizi sia stata tra i pochi a reagire alla morte di Nerino con sincero ed evidente dolore.
Per la Baranidze la ricerca è ancora più semplice: nessuno sa che fine abbia fatto, e tanto basti. 
Comincia una mattinata surreale, trascorsa per lo più chiacchierando, ciondolando qua e là, facendosi gli affari propri su internet, inviando decine di messaggi di posta elettronica per informare clienti e fornitori di quanto successo e comunicando in vari modi con amici e parenti. Dopo qualche ora si viene a sapere che la salma del padrone è stata composta ed esposta presso la sede di una antica e pia confraternita, in via Vituperio da Campo.