mercoledì 21 dicembre 2016

L'imprenditore tessile non bada solo al profitto, ma anche alla solidarietà di classe

Attorno al 2001 o giù di lì Bellestoffe Group controllava e possedeva, tra le altre cose sparpagliate per mezza Campo, una serie di piccole imprese che svolgevano varie attività di lavorazione, ivi compresa una tessitura a telai circolari.
Con l'apertura della nuova e pvestigiosa sede che accorpò buona parte delle attività -ed il cui mantenimento grava a tutt'oggi per la sua parte sui prezzi finali dei prodotti, a quanto è dato sapere- Padre Fondatore Numero Uno decise che era ora di liberarsi di un po' di macchinari e di un po' di gente che aveva il torto di lavorare per lui senza rendergli abbastanza. Padre Fondatore Numero Uno identificò il proprio pollo nel signor Elvis, uno degli operai di cui sopra.
Elvis, cittadino georgiano, era arrivato clandestino e si era regolarizzato lavorando come due negri.
Caduto nella rete come un capponcello (così pensava Padre Fondatore Numero Uno) e promosso imprenditore sul campo, l'ex operaio di tessitura Elvis ha continuato a lavorare sedici ore al giorno esattamente come prima e a condurre quel tipo di vita astiosamente spartano e sparagnino che fa detestare gli arricchiti ancor di più degli arrivati. Padre Fondatore Numero Uno gli aveva sbolognato i telai e tutto il resto, convinto di essersi liberato di un peso e di aver rifilato ad un gallinaceo un'intera trafila in perdita.
A meno di cinque anni dai fatti, Elvis invece è finito sui giornali di Campo e provincia per la sua laboriosità e per l'autentico capolavoro di integrazione compiuto, vidimato, protocollato ed approvato dalla varia umanità che ciondola a giornate nelle redazioni e nei palazzi della pubblica amministrazione.
Il problema di Elvis diventò proprio questo. Lavora tu che lavoro io, era riuscito ad accaparrarsi risorse più che sufficienti a vivere degnamente lui e la brigata parentale rimasta sulle montagne del Caucaso. Dopo altri anni ancora, grazie ai propri agganci politici, riuscì ad aprire proprio in Georgia un'intera trafila produttiva dalla tessitura alla rifinizione. Lo fece utilizzando macchinari comprati dai campesellli falliti, per i quali la che la cosa essenziale era ed è sporcarsi poco o per niente, e andare a pvendeve l'apevitivo in qualche locale sulla costa dai costi ridicolmente astronomici, con il Rolex ad un polso e all'altro qualcuno di quei braccialettini che conferiscono anche all'eterosessuale meno vacillante quel cenno di ambiguità che va tanto di moda.
I campeselli non l'hanno certo perdonato.
Sparito dai giornali e oggetto di apertissimo disprezzo da parte della casta imprenditoriale campese, Elvis non ha fatto una piega.
Anzi.
Del magazzino della Premiata Ditta si è già lungamente trattato; accanto alle merci in ingresso ed in uscita, a vario ciarpame polveroso, a pezze-campione che mai nessuno aveva degnato di uno sguardo, ai tessuti greggi e a materiali urgentissimi fatti arrivare anni fa per via aerea franco fabbrica dall'altra parte del mondo e neppure tolti dagli imballi il magazzino comprendeva anche vecchi mobili, macchinari in disuso ed altre cose del genere.
Venuto a sapere dal de cuius che una macchina per il controllo delle pezze gregge stava a prendervi polvere nell'angolo più remoto, Elvis aveva osato chiedergli di vendergliela: cinquecento euro, ché altri cinquecento doveva spenderli per spostarla e rimetterla in funzione.
La risposta di Nerino Lanucci fu un bel NO.
No, così imparava ad ostinarsi a lavorare, mentre lui aveva da firmare gli assegni alle sue mantenute!
Elvis la prese piuttosto male.
A parte tutta quanta la storia imbastita nella certezza di aver trovato qualcuno cui rifilare quella che pareva proprio una di quelle fregature da annichilire qualcuno per decenni, quello non era certo il primo dispetto che qualcuno di Bellestoffe Group gli faceva così, per puro principio, perché i non campesi quello meritano e non altro.
Ormai da molti anni in grado di camminare con le proprie gambe, Elvis colse l'occasione per ribadire a stretto giro di posta al Padre Fondatore Numero Uno che la sua ElvisTex non avrebbe più lavorato per Bellestoffe Group a costo di crepare, letteralmente.

Dopo qualche mese dalla morte di Nerino l'indirizzo della Premiata Ditta finì per competenza anche a stocchisti, rigattieri ed altra gente che sente odore di carne marcia e che piomba sulla preda prima che si muovano i curatori fallimentari.
Un giorno venne un ferrivecchi e, dietro pagamento, si portò via la macchina.
Cinquecento euro in meno nella colonna dell'avere, cinquecento euro in più in quella del dare.
La distruzione di un'impresa tessile richiede attenzione anche ai dettagli.

sabato 3 dicembre 2016

Rivelazioni. Non apocalittiche, ma imbarazzanti lo stesso.

Abbiamo raccontato di come, dopo che le ideone imprenditoriali dell'amico carissimo Nerino Lanucci lo ebbero ridotto letteralmente in braghe di tela costringendolo ad un mesto ritorno all'ovile, Galeazzo Fabrizi fu riammesso (e reimmesso) nel giro come rappresentante.
Si trattò di una sorta di risarcimento da parte di Nerino, che in qualche remotissimo recesso della coscienza doveva provare quel minimo di rimorso per aver coinvolto il Fabrizi (moglièra e figghi a carico) nelle sue pazzesche imprese.
Da parte sua un segno di benevolenza non da poco e del tutto eccezionale, vista l'abituale noncuranza con cui si rapportava verso qualunque cosa si frapponesse tra lui e lo sperpero.

Di lì a qualche anno il Fabrizi si è visto morire Nerino letteralmente tra le braccia, al termine di una partita di squash come tante. In pratica, tra le infinite persone che avevano avuto a che fare con Nerino e che il giorno dei funerali avevano riempito la chiesa per essere sicure che fosse morto davvero, si trattava dell'unico che nutrisse per lui un sincero affetto e che ne attirasse la confidenza.
Va detto che la notizia della scomparsa di Nerino fece il giro di Campo -e di internet- in capo ad un giorno. Gli unici che espressero cordoglio commentando qua e là sui giornali e su Facebook furono quattro o cinque compagni di giochi... che non lo vedevano da circa quarantacinque anni.
Insomma, tra Nerino Lanucci e Galeazzo Fabrizi esisteva un rapporto stretto, la cosa era nota un po' a tutti e spiccava come una mosca bianca tra le relazioni personali di Nerino, per il resto fatte di insulti, ricatti, fregature e prestazioni a pagamento.
Questo rapporto finì alla base di una scena di bassissimo registro, verificatasi poche settimane dopo la morte di Nerino nel parcheggio che la Premiata Ditta condivide con tutte le consociate di quel Bellestoffe Group da cui era stata separata a furor di notai causa le costosissime estrosità del suo padrone incontrastato. 

Una sera di mezza estate Galeazzo si era messo in macchina e si accingeva ad allontanarsi. La vedova di Nerino era corsa fuori dalla porta del magazzino e gli si era parata davanti, tentando letteralmente di non farlo andar via. "...Galeazzo, ma tui sai chi è... Qui mi prendono tutti in giro... Dài, dimmelo...!" "...No, no, io non dico nulla." "...Ah no?! E allora sai cosa?! Non venire più a portare le rose alla tomba del tuo amico, capito?!" "Ma quali rose, ma quale tomba?! Io i fiori li porto al campo dove giocavamo a squash insieme..."
Galeazzo aveva finalmente fatto manovra e se n'era andato per i fattacci suoi, lasciando basita sotto il sole al tramonto la povera Teresa, alle prese con il carico da undici della fresca vedovanza e della cascata di mortificanti ed abiette rivelazioni che le cadeva addosso un giorno sì e l'altro pure.
Nerino era nella tomba da meno di due mesi, e la situazione andava palesandosi nella sua crudezza anche a Teresa Redentori in Lanucci. Non bastando i dati contabili che erano quelli che erano, con i creditori che si stavano facendo vivi letteralmente di persona e Nella Garzetta dell'amministrazione che aveva smesso da tempo di rispondere al telefono per non arrivare a sera col pieno di insulti, bestemmie, invettive ed esplicite minacce alla sua virtù, la povera Teresa aveva finalmente -e traumaticamente- cominciato a capire che razza di merdaio da assistenza sociale fosse l'impresa del marito. Quando andava al cimitero vi trovava fiori freschi: rose, soprattutto. Chi poteva avercele messe...? Il numero delle easy ladies con cui il de cuius aveva intrattenuto commercio era piuttosto vasto: con certezza si sa di violazioni al sesto comandamento ripetute e continuate che riguardavano (1) Koka Baranidze la campionarista georgiana (2) quel capolavoro di discrezione e professionalità di Gianna Patrizi -che era ed è partecipe dello sfascio, tutto sapendo e tutto avendo avallato- e (3) la rappresentante Solyanka Moskowitz. A questo harem più o meno stabile andavano aggiunte "professioniste" dal turn over troppo frequente per poterle contare; alla fin fine anche Teresa aveva dovuto rendersi conto che non si poteva più far finta che il pozzo nero non fosse traboccato.
Oggetto di scoppiettanti sfottò fatti di mezze parole, risatine e toccatine di gomito tra gli astanti che andavano ad aggiungersi ad una situazione per nulla allegra per proprio conto, la povera donna era ad un passo dal crollo.