venerdì 1 settembre 2017

Entra in scena Patrizio Riva, il cialtrone a sei punte

Inizia l'anno nuovo anche nella Premiata Ditta. Tutto sembra filare come al solito: Viridiana Lanucci ha preso molto sul serio la sua funzione di amministratrice -sia pure pro tempore- e fa ovviamente del suo meglio, ma il bilancio continua allegramente a fare acqua da ogni parte e i revisori contabili a far finta di nulla come al solito. 
Le fiere campionarie di settembre, organizzate con vergognoso dispendio di mezzi ma senza pagare un ghello di trasferte al personale mandato all'estero ad ammazzarsi di lavoro per una settimana (secondo la prassi campese), sono state affollate come al solito di curiosi, sfaccendati, maneggioni e rompiscatole assortiti, oltre che di qualche raro cliente. La cosa non deve sorprendere se si pensa che la prima regola di Nerino era sempre stata quella di imbrogliare, ingannare, fregare e abbindolare chiunque gli capitasse a tiro, per qualsiasi motivo e con qualsiasi scusa. Gli appuntamenti fieristici della Premiata Ditta erano sempre stati visti con un misto di imbarazzo e di fastidio dal personale commerciale, spesso costretto proprio in quella sede a rispondere della pindarica amministrazione di Nerino e della sua personalissima concezione dell'onestà e della correttezza. Anche il turn over dei rappresentanti, piuttosto alto nel corso degli ultimi anni di esistenza della Premiata Ditta, in occasione degli eventi fieristici era motivo di silenzi imbarazzati e di articolate e patetiche manovre di evitamento. Da molti anni si era d'altronde dato il caso di personale di Bellestoffe Group letteralmente cacciato dagli stand di altri espositori a motivo dei più che discutibili comportamenti di Nerino, per cui da tempo era già molto se gli appuntamenti fieristici della Premiata Ditta non si concludevano con una totale rimessa. 
Proprio l'insultante sfarzo delle trasferte, con cene in ristoranti dal costo imbarazzante e hotel a quattro stelle, fu pretesto per un burrascoso consiglio di amministrazione in cui la gestione di Viridiana venne passata a pettine fitto da revisori improvvisamente incarogniti, che rovesciarono su di lei le responsabilità di decenni di gestione criminale. Tutti sapevano che Viridiana contava qualche cosa solo sulla carta e che per accusarla a qualsiasi titolo della situazione in essere ci volevano una totale ignoranza, una totale malafede o un miscuglio delle due cose.
All'inizio di gennaio gli eredi Lanucci avevano cominciato a capire in che razza di situazione si fossero venuti a trovare; Teresa Redentori, che non si era mai occupata di nulla ed aveva vissuto fra gli agi che Nerino non le aveva comunque fatto mancare, era convintissima di poter salvare il salvabile e aveva quasi metabolizzato l'effetto del primo apparir del vero. In questo, lei e la sorella Immacolata erano state oggetto di amorevoli rassicurazioni da parte di Gianna Patrizi: i crediti bancari ancora disponibili e un corposissimo portafoglio clienti erano ottima garanzia per il futuro. Niente era perduto, insomma. Con un congruo numero di licenziamenti scelti con cura e l'immissione di competenze pronte e sbrigative la situazione poteva senza dubbio essere gestita al meglio. 
Naturalmente nulla di tutto questo corrispondeva al vero. I fidi bancari aperti in due o tre istituti erano una voragine milionaria, e il portafoglio clienti era corposissimo... perchè negli indirizzari figuravano centinaia di prestigiose imprese con cui la Premiata Ditta non aveva rapporti da anni in virtù dei motivi su ricordati. Al momento del tempestoso consiglio di amministrazione di cui sopra stavano tra l'altro materializzandosi le conseguenze di uno degli ultimi colpi di genio di Nerino. 
Gianna Patrizi mentiva sapendo di mentire. Perfettamente consapevole della situazione, doveva ad ogni costo evitare che individui poco compiacenti mettessero il naso nella contabilità e potessero far presente agli eredi la sua corresponsabilità in quella che era una bancarotta fraudolenta bella e buona. Nel corso degli anni tutto Bellestoffe Group aveva malignato circa i suoi rapporti con Nerino che le avevano fruttato, si diceva, addirittura una bella casa in un quartiere signorile o l'arredamento della stessa, a seconda delle voci. 
Pur di evitare imbarazzanti spiegazioni se non proprio la galera, Gianna fece e strafece. 
Per sapiente caso (il mondo è veramente piccolo) nell'anticamera dello studio di commercialista in cui si tenne il consiglio di amministrazione che esautorò Viridiana delle sue ultime prerogative e la spedì a casa a calci dalla sera alla mattina ciondolava un individuo basso ma robusto, borioso ma ciarliero, cinico ma profittatore. 
Immediatamente dopo la fine del consiglio di amministrazione Patrizio Riva piovve dalla luna direttamente negli uffici della Premiata Ditta, portandosi dietro Teresa e Immacolata e promettendo minaccioso che con l'indomani tutto sarebbe cambiato
L'indomani venne convocata una riunione plenaria in sala campionario. Era la quarta in dieci anni. La terza era stata dopo la morte di Nerino; le altre due si erano compendiate di invettive senza capo né coda. Comodamente assiso a capo del preziosissimo tavolo antico a cui Nerino riceveva complici e sodali, Patrizio Riva calpestò sbrigativamente tutte le maestranze. Inutili cialtroni pigri e sciocchi che non eravamo altro: lui sì che ci sapeva fare, lui sì che sapeva come ci si comporta nelle fiere, con i clienti, con la produzione. Lui aveva lavorato dai Fratelli Questi, alla Tessile Codesti e al Quelli Pronto Moda, altro che Premiata Ditta. Che cos'era quest'aria dimessa, da poveri sciatti? Forza: pulire, riassettare, sistemare, muoversi! 
Povero Patrizio. Non aveva fatto i conti con Pino Pierini. 
La gravità dell'ora aveva reso Pino più magro, muscoloso e arcigno che mai. Alzatosi serissimo dal proprio scranno, e scandendo bene nomi e cifre, il signor Pierini ricordò a Parizio Riva come i Fratelli Questi fossero falliti cinque anni prima, che la Tessile Codesti era in amministrazione controllata e che la Quelli Pronto Moda aveva chiuso l'esercizio precedente con un passivo da tenere sveglio la notte anche un imperatore delle finanze. Esiti un po' strani, per uno tanto competente e tanto determinato. 
Patrizio non incassò bene: glissò e passò a vantare le proprie origini ebraiche e i propri stretti contatti con la Parte Indaco, una formazione di muscolosi tatuati che una volta l'anno in una vicina grande città contendono ai loro simili dei Pervinca, degli Ocra e degli Arancio la posta di un gioco folkloristico noto per la violenza sanguinaria dei suoi adepti. 
Un paio di domande tecniche precise, avanzate immediatamente e con una certa noncuranza misero subito in chiaro che il signor Riva non disingueva un tallit da un kibbutz. 
A riunione ultimata, una telefonata a un esponente degli Indaco provvide a chiarire che da quelle parti non conoscevano nessun Patrizio Riva. 
Per dare esauriente prova delle proprie competenze, al signor Riva era bastata qualche ora. 
Giusto il tempo di arrivare alla pausa pranzo.