domenica 19 novembre 2017

Comincia la breve stagione di Patrizio Riva, consulente sedicente (o sedicente consulente, fate voi).

L'esordio di Patrizio Riva nel ruolo di "consulente" della Premiata Ditta non era stato dei migliori e il (poco) tempo che trascorse fra i musi sempre più lunghi e i bilanci sempre più desolati non contribuì affatto a migliorare la prima impressione che parecchia gente si era fatta di lui. Le uniche a trovarvi un'intesa furono le sorelle Redentori, alle prese con una realtà che giorno per giorno si faceva più schifosa, e Gianna Patrizi, che da tempo aveva in mente le mosse necessarie a togliersi da una situazione che rischiava di farla finire letteralmente in galera.
Alle rampogne che il Riva affastellò fin dal primo giorno sulle maestranze che lo guardavano come si guardano certi strani animali urticanti o mordaci -e la cui sprezzante sufficienza fu come si è visto immediatamente rintuzzata da pacate e documentate disconferme- fece seguito un periodo che delle rivoluzioni e dei rilanci mostrò soltanto gli stravolgimenti, le ingiustizie e le bassezze, senza alcuno dei connotati ideali e propositivi che sono propri di tempi del genere.
Va detto che già nel corso della riunione in cui si presentò alle maestranze Patrizio dette sbrigativo inizio al suo nuovo corso facendosi largo letteralmente a gomitate e chiudendo la porta della sala campionario in faccia a Galeazzo, cui ricordò senza giri di parole che la natura collaborativa del suo rapporto di lavoro faceva di lui uno zero spaccato e comunicandogli che poteva considerarsi fuori dai piedi da quel preciso istante. Galeazzo si trovò senza lavoro, senza reddito e senza spiegazioni che non fossero il piglio deciso di questo prestigioso e volitivo consulente aziendale, e la cosa non gli piacque troppo. Nei mesi seguenti espresse più volte ad alta voce la convinzione di essere arrivato a un niente da investire il mingherlino Riva con la propria automobile e che la cosa non si era verificata solo perché gli era riuscito di accasarsi altrove in tempi relativamente ragionevoli.
A Viridiana toccò subito dopo; tornando in ufficio al termine del fervorino rivierasco i sottoposti la trovarono che racoglieva le ultime sue cose e liberava la scrivania. Dopo oltre vent'anni di lavoro era bastata mezz'ora per estrometterla da ogni cosa con modi che un essere umano -ovvero chiunque non sia un campese- non userebbe neppure per liberarsi di un mendicante insistente. Affinché non ci fossero dubbi di interpretazione sulla perentorietà della sua sorte, nei giorni successivi le fu slegata dietro anche la solita serqua di minacce legali. L'estromissione di Viridiana dalla Premiata Ditta fu perentoria, completa, assoluta e radicale: lo stesso Gaspare non ebbe dal Riva altro che quelle considerazioni scivolose e svicolanti in cui è maestra la marmaglia specializzata in riduzioni del personale.
A dire il vero, Patrizio Riva non era neppure questo: era qualcosa di meno e qualcosa di peggio, come avremo occasione di vedere.
La vedova Redentori e la sorella, tolta da non si sa quale anfratto in cui impacchettava oggetti tutto il giorno e dunque in possesso delle competenze necessarie a ricoprire il triste e logorante ruolo di amministratrice in una situazione del genere, seguivano il Riva che rovistava, giudicava, spostava, inveiva, commentava e confrontava assecondandolo in tutto, e solo in quei giorni presero effettiva contezza del fatto che la voragine lasciata da Nerino rischiava di lasciarle letteralmente in braghe di tela. 
In concreto Patrizio Riva, al netto delle secche geremiadi sulle cose che andavano (nessuna) e su quelle che non andavano (tutte) scompaginò il campionario, massacrò la residua produzione, spulciò i bilanci risaputamente manomessi e passò in rassegna i conti bancari cabriolet intrufolandosi ovunque e imponendo inutili e fastidiosi cambiamenti a prassi e comportamenti consolidati. Insomma, quello che fa qualcuno che sa di essere completamente inutile -se non dannoso- solo per dimostrare che esiste... sempre che non abbia altri scopi.
L'estromissione del Fabrizi e di Viridiana liberò una stanza; il sottoscritto, unica nota positiva, poté finalmente schiodarsi dal ripostiglio in cui si era sistemato anni prima e accomodarsi ad una vera scrivania in un ufficio degno di questo nome.