lunedì 12 febbraio 2018

Continua la breve stagione di Patrizio Riva, consulente sedicente (o sedicente consulente, fate voi).

L'ingresso di Patrizio Riva nella Premiata Ditta risaliva ai primi dell'anno e la stagione avanzava veloce: ferveva il lavoro per preparare le manifestazioni fieristiche di febbraio il cui svolgimento si annunciava più tribolato del solito.
Si è visto che nel suo imperversare scacazzando come un vivace e molesto piccioncino in tutte le attività, in tutte le stanze e in tutti i magazzini, Patrizio aveva criticato, rivisto, corretto in modo arbitrario ma confuso, fermo ma inutile, supponente ma tronfio ogni aspetto della produzione. Si era impicciato persino della grafica della carta intestata, del layout della posta elettronica, del tono e del vocabolario usato dal personale commerciale per rispondere al telefono. In campionario il "consulente aziendale", abbreviato in C.Az. per immaginabili motivi, aveva dato il meglio di sé ingiungendo la messa in pratica di disposizioni che rendevano evidente a chiunque come il suo vero scopo non fosse affatto quello di risollevare le sorti della Premiata Ditta e di chi aveva ancora la dabbenaggine di lavorarci.
Koka Baranidze, pur piegata dal lutto e circondata dal disprezzo palese che si riserva alle favorite ormai in disgrazia, aveva comunque fatto del suo meglio e centinaia di campioni appesi in bell'ordine aspettavano solo di essere etichettati e spediti.
Stop.
Tutto da rifare.
Qui non va bene niente, come al solito.
Patrizio Riva fu perentorio. A pochi giorni dall'inizio del periodo più convulso dell'anno l'intero campionario, comprendente prodotti di ogni genere, venne spedito di corsa in tintoria a fare un bagno nel colore che lui (e lui solo) aveva statuito essere "di tendenza": un nero mai visto, che fu passato senza alcun ritegno su tessuti eterocliti ed eterogenei. "Tinto filo" e "tinto pezza", pelliccette, tessuti a maglia, lino, merletti e tessuti tecnici finirono tutti in un democraticissimo bagno di nero o di antracite o di chissà che altro, con quei risultati ripugnanti che anche chi non distingue un pigmento da un cane lupo avrebbe potuto tranquillamente prevedere.
Al ritorno della merce il C.Az. (ottima e calzante abbreviazione) fece finta di cadere dalle nuvole e fece altrettanto finta di rammaricarsi. Lo sconforto gli passò comunque subito: ordinò di completare lo scempio facendo dare una mano di smalto bianco sulla cassa da imballaggio in legno grezzo con cui da anni e anni si affidavano agli spedizionieri i materiali fieristici e che poi finiva a far parte dell'arredamento dello stand, e se ne tornò tranquillo a casa sua a prepararsi per l'importantissima trasferta di lavoro. Il personale non poté che trarre conferma della convinzione di trovarsi di fronte a un'articolata campagna di sabotaggio, e non certo alla preparazione di un rilancio della ditta e dell'attività in grado di far uscire il bilancio dalle secche in cui boccheggiava. Gianna Patrizi ebbe a tempo debito la fattura della tintoria, che andò a gonfiare il passivo di qualche altro centinaio di euro.
Le manifestazioni fieristiche erano sempre state una vera orgia di spese; sistemazioni alberghiere e trasporti venivano di solito scelti e fissati con molti mesi di anticipo. Viridiana aveva a suo tempo prenotato come sempre hotel e viaggio per il personale, affatto prevedendo che di lì a poco un tizio mai visto l'avrebbe messa alla porta come se nulla fosse. Ovviamente, anche le sistemazioni alberghiere scelte da Viridiana furono pesantemente criticate da un Riva in piena foia da spending review; ormai però le prenotazioni erano state fatte e le caparre versate, per cui almeno sotto questo aspetto dovette ingoiare il rospo, accontentarsi di fare fuoco e fiamme e di limitare il contenimento delle spese alle voci viaggio e catering.
I viaggi aerei furono disdetti, nuovamente fissati, nuovamente disdetti, nuovamente fissati fino a quando Patrizio non riuscì a trasformare le trasferte di lavoro in una via di mezzo tra un'odissea e una partita di gioco dell'oca, a furia di voli a basso costo diretti in aeroporti negletti e lontanissimi.
Per quanto riguarda l'alimentazione, Nerino aveva sempre imposto al personale fieristico cene serali all'insegna di quel lusso grossolano che per lui era una ragione di vita; roba da cento o duecento euro a coperto, per intenderci.
Qui Patrizio Riva toccò il culmine.
Con somma coerenza per le proprie vantate -o meglio millantate- origini e con relativa attenzione alle norme della kasherut, il signor Riva si mise in viaggio per una fiera tessile di importanza mondiale ostentando una corposa mortadella. "Portiamo questa, per mangiare allo stand; giorno dopo giorno compreremo solo il pane."
Della piacevolezza, del clima di sana e costruttiva cooperazione che caratterizzava l'impegno fieristico della Premiata Ditta si è già detto. Si immagini il tutto sotto la direzione di un capetto di questa fatta.
La drastica revisione degli itinerari, decisa personalmente dal C.Az., aveva assicurato almeno una certezza: il due terzi del personale sarebbero arrivati nello stand allestito in un'importantissima manifestazione europea con tutta calma, dopo una notte insonne e a fiera abbondantemente cominciata.
Quanto più un rilancio è impegnativo, tanto più è importante partire con il piede giusto.